Aloe Vera Records: intervista con Alfredo “Youthman” Concilio

Il logo di Aloe Vera Records

Torniamo ad occuparci molto volentieri dell’etichetta Aloe Vera Records, in occasione della pubblicazione del nuovo singolo Change Of Plan, che ospita alla voce lo storico trio vocale inglese The Blackstones.

È un rocksteady di pregevole fattura, pura marca Studio One, arricchito da una brillante influenza mediterranea, in particolare nelle melodie dei fiati del B side Santantonio Special. Avevamo già parlato del progetto di Aloe Vera Records lo scorso anno, in occasione dell’uscita del singolo Sì comme sì di Pietra Montecorvino and The Officinalis.
La Campania si riconferma quindi come uno dei poli più vitali e pieni di creatività nell’underground della black music italiana. Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche battuta con la mente dell’etichetta, Alfredo “Youthman” Concilio.

La Aloe Vera Records è un piccolo gioiello all’interno della scena reggae italiana. È legata al Santantonio Rockers Sound System, cioè fondamentalmente a te, che curi ogni dettaglio, componi, arrangi e produci.

Innanzitutto grazie del supporto e dell’interesse per ciò che facciamo. Sicuramente dietro a questi nomi e progetti c’è una passione di una vita per la black music e la cultura del sound system come mezzo di unione e comunicazione. La nostra volontà è quella di promuovere suoni ed informazioni diversi rispetto al “mainstream” o alle sale da ballo senza amore e ricerca. Santantonio Rockers ed Aloe Vera Records sono le mie risposte personali a questa necessità. Soprattutto questa passione acquisisce valore nella realtà di periferia nella quale viviamo, dove le alternative sono davvero poche e spesso dettate dal denaro e non dalla passione.

Sound system ed etichetta, come da tradizione giamaicana…

Sì, come da tradizione sono direttamente collegati, complementari l’uno all’altra. Magari le mie idee e produzioni musicali non spiccano per innovazione, ma quest’ultima, a mio avviso, è un concetto fine a sé stesso se non sorretta da cultura e radici…

Roots and culture…

Esatto. Fare innovazione in musica è un vuoto esercizio se non si hanno solide consapevolezza e conoscenza del passato. Aloe Vera Records nasce per dare il nostro umile contributo alla discografia di una storia musicale che sicuramente non manca di produzioni di qualità. Cerchiamo di contraddistinguerci con il nostro stile personale, portando nelle nostre produzioni la nostra identità, che è forte: quella di mamma Campania. La Campania è una terra che, sotto tanti aspetti sociali e storici, è molto simile alla terra di Bob Marley e Prince Buster.

Come si sviluppa il processo creativo?

Spesso le nostre composizioni nascono da mie semplici visioni o intuizioni che poi vengono elaborate insieme agli Officinalis. All’inizio erano solo miei spunti personali che la band, tutti miei amici, eseguiva soprattutto per l’affetto che ci legava. Oggi, invece, il processo di creazione è diventato collettivo: piano piano iniziamo a buttare giù insieme le idee e gli arrangiamenti, creando un’unità di intenti attorno a quello che vogliamo sia il nostro stile interpretativo e stilistico.

Che rapporto c’è, a livello di musicisti, tra la house band The Officinalis ed i Napoli Rockers Syndicate, altro tuo progetto?

Distinti e separati, anche se in realtà sono le stesse persone (ride). Mi spiego: Napoli Rockers Syndicate esisteva già come collettivo di musicisti reggae napoletani. Io mi sono aggregato a loro come frontman per un lungo e bellissimo periodo: non ero un vero e proprio cantante, piuttosto un animatore delle serate.

Ti ricollegavi al passato dei toaster giamaicani…

Sì, il Count Machuki de’ noaltri (ride). Grazie a questa collaborazione è nato un forte legame tra me ed i Napoli Rockers Syndicate, che considero miei fratelli. Perciò ho chiesto loro di seguirmi nelle mie follie produttive. Ci siamo così ribattezzati The Officinalis, che era il nome che davo alle mie composizioni casalinghe. Per ora gli Officinalis sono una tipica band da studio, ma la speranza è quella di riuscire ad esibirci anche dal vivo…sai, siamo in dieci ed in Italia è un’impresa matta intraprendere dei tour senza rimetterci tutti i nostri risparmi…

Una curiosità: da dove deriva il nome dell’etichetta e della band?

Sono sempre stato legato all’aloe vera come pianta, è una delle più curative che esista in natura e che da sempre l’uomo ha usato per curare varie pene… proprio come la musica! Musica ed aloe hanno lo stesso principio attivo, fanno bene all’uomo… è questo il motivo: gli Officinalis fanno musica curativa.

I Blackstones sono l’unico gruppo reggae inglese ad avere inciso per la leggendaria Studio One Records di Coxsone Dodd. Con quest’uscita possono aggiungere al loro curriculum di essere anche il primo gruppo reggae inglese ad avere inciso per la mitica Aloe Vera Records.

Bella questa! (ride) Semmai, saremo noi a raccontarlo ai nipotini! Io sono un fanatico della Studio One e quindi conoscevo bene il nome dei Blackstones e la leggenda dell’unico gruppo inglese comparso su quell’etichetta. Soprattutto il loro è stato l’ultimo album registrato in persona da Sir Coxsone Dodd.

I Blackstones per Aloe Vera Recors

Come si sono incrociate le vostre strade?

Un po’ per fortuna e un po’ per gioco. Tramite un amico londinese. Lui mi ha messo in contatto con Leon Leiffer, il leader dei Blackstones, facendogli ascoltare le nostre produzioni. Da quel momento, ho iniziato a sentirmi telefonicamente con Leon ed è nata un’amicizia simpaticissima! Non scherzo, in particolare in questo periodo di quarantena ci sentiamo tre-quattro volte al giorno, chiacchieriamo, ci scambiamo opinioni. I componenti dei Blackstones sono tra le persone più umili e devote alla musica che abbia mai conosciuto. Non ti fanno pesare età, esperienza e curriculum. Splendide persone, veri “soldati di trincea”, magari poco conosciuti ai più, ma è gente che ha accompagnato Curtis Mayfield nelle tournée britanniche: leggende. Sono molto felice di questa collaborazione e posso dire che Change of Plan è solo l’inizio di un sacco di progetti che stiamo facendo insieme. Avere le loro voci incise su Aloe Vera è stato un sogno dal punto di vista umano ed anche musicale.

L’etichetta è comunque fortemente radicata a Napoli, ai suoi vicoli ed alla sua gente. Se ne percepisce l’autenticità, quell’aria mediterranea, specie negli strumentali, per non parlare della precedente Si comme sì con Pietra Montecorvino.

Sì, per me questo è un aspetto fondamentale. Da premettere che io vengo dalla provincia, Santantonio Rockers e Aloe Vera hanno sede a Pontecagnano e Napoli la vediamo un po’ come la capitale! Napoli non è solo una città, anche se sembra banale dirlo. Io sono figlio di un musicista degli anni ‘60, sono cresciuto col mito della canzone napoletana e della napoletanità che si fondeva con la black music d’oltreoceano.

“The Sound of Cà” è infatti il vostro motto.

Mi hanno sempre affascinato i ricordi di mio padre, di quando con le sue band si esibiva nella base Nato di Bagnoli nei primi anni ’60. All’epoca, questi musicisti scambiavano la loro italianità con casse di whisky ed album di Otis Redding! A questi racconti, ho iniziato ad affiancare il mio immaginario: ho affiancato così questo retaggio familiare con la mia passione per la musica giamaicana. Come la scintilla da cui nacque lo ska fu la fusione tra stili caraibici e rhythm’n’blues americano, cosi Aloe Vera vuole portare Napoli nella musica giamaicana. Questa è la mia missione.

La napoletanità sta, inoltre, riemergendo come elemento identitario, anche in ambito “pop”. Cosa ne pensi di questo fenomeno?

Finalmente! Tutti sappiamo come siano state bistrattate e sottovalutate Napoli e la sua lingua, nonostante tutto quello che hanno dato alla cultura musicale italiana e mondiale. Oggi, per fortuna, siamo in una fase di riscoperta creativa delle origini. Pensa, il napoletano fino a pochi anni fa era considerato un idioma volgare. Oggi invece ne vengono rivalutate tutte le sfumature poetiche. Il napoletano è una lingua che, con una parola, può farti sognare. Aspetto rilevante di quest’identità è la musica, che ha radici storiche tanto profonde ed importanti che agli albori della discografia mondiale l’80% delle produzioni era composto da musica napoletana.
Grazie a questa nuova consapevolezza stanno emergendo tanti validi progetti che guardano con un altro occhio alla napoletanità. Cito Nu Guinea, Napoli Segreta, Periodica Records, Suonno d’Ajere, The Funkin’ Machine, ma ce ne sarebbero molti altri.

Sound System legato ad Aloe Vera Records

Ampliando un po’ il discorso alla scena dei sound system italiani, in che stato di salute la vedi in questo momento dal punto di vista sia della ricerca musicale che culturale?

È una domanda difficile per me, perché sono molto preso dalla cosa. Per alcuni versi, sono anche molto critico. Credo che l’Italia si stia affermando a livello mondiale per la sua scena dei sound system, ma a mio avviso c’è necessità di più cultura e ricerca musicale. Vorrei che si guardasse di più al passato per dare rinnovata linfa vitale alla scena. L’evoluzione è nulla senza conoscenza. Per adesso il numero dei sound è confortante, ma spero che non si esaurisca mai la voglia di condividere per cercare di ghettizzarsi il meno possibile.

Il Rockers Calore Festival è un’altra meritoria iniziativa che gira attorno al Santantonio Rockers. Quest’anno suppongo che salterà a causa della pandemia, purtroppo. Si sta già pensando all’edizione 2021?

Il Rockers Calore nasce dall’unione di intenti tra l’Alburnian Sound System ed il Santantonio Rockers, proprio con l’intenzione di creare un’isola felice per la scena dei sound, in armonia con il luogo che la ospita, le rive del fiume Calore, nel Cilento. È questa, infatti, la vera attrattiva, un angolo di paradiso in terra. Questa del 2020 avrebbe dovuto essere la sesta edizione, ma la pandemia credo che ce la farà saltare. Avevamo intenzione di invitare un sacco di ospiti ed avevamo deciso di aprirci anche ad altri generi diversi seppur affini, proprio per la voglia di unire e non ghettizzarsi tipica dello spirito di questo festival. Rockers Calore è pensato per una famiglia allargata di persone e, più che un festival o un raduno di sound, vorrebbe essere una tre giorni di armonia. Non vedo l’ora che passi questa crisi, perché la musica tutta rischia di perdere la sua vera essenza: l’aggregazione.

 

A) Change of Plan – The Blackstones and The Officinalis
B) Santantonio Special – The Officinalis

Gli Officinalis sono:

Enrico Fumo – Alto Saxophone
Giuseppe Giroffi – Baritone Saxophone
Davide Di Sauro – Bass
Paolo Maurelli – Drum
Alessandro Larizza – Guitar
Andrea Farias – Guitar
Andres Balbucea – Piano
Giulio De Asmundis – Piano, Organ
Giulio Neri – Tenor Saxophone
Ciro Riccardi – Trumpet
Giosuè Perna – Percussions

Registrato al Godfather Studio, Napoli
Missato da King Tomato all’Aloe Vera Studio, Pontecagnano (SA)

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