Claude Fontaine, ska e tropicalismo, aria di freschezza nella scena

La copertina del primo omonimo disco di Claude Fontaine

È bellissimo scoprirsi capaci di apprezzare artisti che rifuggono gli stereotipi e che sono in grado di sorprenderci musicalmente. Succede con Claude Fontaine.

Nell’ultimo periodo sto ascoltando meno ska del solito, mi limito ad alcuni artisti e ad alcune canzoni di cui proprio non posso fare a meno. C’è però un album che sto apprezzando molto e ascoltando con piacere. Un disco non facilmente inquadrabile che, proprio per questo, mi attrae fortemente e mi sta facendo porre molte domande sulle sue influenze.

Si tratta di Claude Fontaine, lavoro d’esordio dell’artista omonima uscito nel 2019 e composto da dieci tracce. Quando l’ho scoperto sono rimasto immediatamente colpito dalla copertina. Innanzitutto perché Claude Fontaine è una bella ragazza. Poi perché la fotografia è enigmatica e affascinante, nulla che ti aspetteresti di trovare su un album che presenta forti influenze ska e rocksteady.

Claude Fontaine è una giovane donna americana dal nome francese e dalle origini siciliane che attualmente vive a Londra. Questo è il suo primo disco ed è un disco decisamente interessante perché mixa in modo vincente due influenze musicali abbastanza distanti tra di loro, per quanto vicine temporalmente (anni ‘60): lo ska e il rocksteady giamaicano da una parte, il tropicalismo brasiliano dall’altro, anche se la passione originaria di Claude era il jazz.

Il tema che fa da sfondo a tutte le canzoni è l’amore.

La prima parte dell’album ha influenze soprattutto giamaicane, la seconda brasiliane. Ma prima di parlare del genere, è importante dedicare qualche parola al vero elemento distintivo di quest’album, ovvero la voce di Claude Fontaine. Calorosa e indecifrabile, se proprio volessimo forzare un paragone con un’artista ska, quella sarebbe di certo Susan Cadogan. Ma si tratta, almeno in parte, di una forzatura, perché Claude non è descrivibile così facilmente.

L’apertura è con un irresistibile rocksteady, Cry For Another. Ci si accorge immediatamente che da un punto di vista tecnico la qualità è altissima, in effetti a questo lavoro hanno contribuito importanti artisti, come ci ricorda Ondarock: Airto Moreira (Astrud Gilberto, Miles Davis), Andre de Santanna (Flora Purim), il chitarrista Tony Chinn (Dennis Brown, Althea e Donna), il bassista Ronald McQueen (Steel Pulse) e il batterista Rock Deadrick (Ziggy Marley).

La seconda traccia è l’ipnotica Hot Tears, poi è la volta di Little Sister, il brano più fruibile per gli appassionati di ska, e anche il più energico di tutto Claude Fontaine; poi c’è il reggae di Love Street e Play By Play.

Da Pretending He Was You in poi gli amanti della musica giamaicana sono chiamati a mettersi in gioco e a confrontarsi con un deciso di cambio di rotta da un punto di vista musicale. È arrivato il momento della musica brasiliana. L’ascoltatore può essere inizialmente disorientato ma, una volta superato il pregiudizio, si comincia a capire che si ha a che fare con la parte più bella dell’album. Si è cullati da una voce incantevole, infinitamente dolce, e da una musica che è difficile non apprezzare, se solo ci si lascia andare.

Con I’ll Play The Fool le sensazioni positive aumentano, si tratta una canzone ancora più godibile e allegra. Si susseguono poi Strings of Your Guitar, Footprints in the Sand, fino all’estasi finale di Our Last Goodbye.

Personalmente non so nulla di musica brasiliana, ma Claude Fontaine mi ha certamente fatto venire voglia di farmi un’idea in proposito, infatti sono già partito con l’ascolto di Astrud Gilberto. A parte questo, quello che conta è l’aver scoperto un album stupendo che da nuova linfa vitale alla musica che più ci piace, quella giamaicana. Saper vedere continuamente sotto una luce nuova ciò che si ama è una cosa bellissima, dimostrazione di vera passione.

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