L’etichetta Trojan Records ha appena compiuto la bellezza di 50 anni. Questa label ha influenzato intere generazioni di giovani: ha creato uno stile di vita, è stata la colonna sonora delle sottoculture inglesi dei tardi anni ‘60 e continua a esserlo tuttora.
Alle radici della Trojan Records: l’Inghilterra post-bellica
Alla fine della seconda guerra mondiale l’Inghilterra aveva vinto contro il nazifascismo, ma aveva pagato un costo enorme in termini di danni alle infrastrutture, di perdite umane (circa mezzo milione di persone) e di condizioni economiche. Per questo motivo, con l’obiettivo di far trovare la forza lavoro per far ripartire il paese, nel 1948 fu varato dal governo il Nationality Act, che permetteva ai cittadini dell’Impero britannico il libero ingresso in U.K..
A seguito del Nationality Act, in Jamaica, un armatore organizzò una nave di migranti, la celebre Empire Windrush, proveniente dall’Australia e diretta a Londra. Con un biglietto al costo di sole 28 sterline si poteva ottenere un passaggio per la terra d’albione. La Windrush arrivò nell’East End il 22 giugno 1948, portando circa 490 passeggeri provenienti dalla Jamaica, colonia imperiale.
L’approdo in terra inglese della Windrush ebbe grande risalto sui quotidiani inglesi. Come per tutti i flussi migratori, e proprio i giorni nostri ce lo stanno confermando, la popolazione inglese, condizionata dagli stereotipi razzisti diffusi all’epoca soprattutto da Hollywood (non dimentichiamo che gli USA, vincitori del conflitto, erano un esempio di segregazione razziale imperante), non era pronta a ricevere i nuovi membri della comunità dell’Impero. Inoltre gli inglesi vivevano una tragica situazione di crisi economica post-bellica: erano presenti tutti gli elementi per una miscela esplosiva.
Il flusso migratorio continuò e l’atteggiamento della popolazione non mutò, anzi, furono frequenti epiteti e insulti come “Monkey, nigger back go home” oltre alle aggressioni fisiche. I giovani immigrati inizialmente subirono e, per difendersi, cominciarono a girare in gruppo. Si organizzarono e in alcune occasioni si arrivò ad armarsi con armi “bianche” per difendersi dai teddy boys e dalle primordiali gang di giovani inglesi. Così, grazie alla vecchia e sana pratica dell’autodifesa, le aggressioni diminuirono, fino a sparire.
Lee, Sonny e Chris
Tra i passeggeri della Windrush c’era un giovane di apparente basso profilo chiamato Sikharum Gopthal. Di origini indo-jamaicane, si accasò in Cambridge Road e nel 1952 fu raggiunto dal figlio di 11 anni, Leichman, in seguito detto Lee, Lee Gopthal. Agli inizi degli anni ‘60 il padre di Lee decise di tornare in Jamaica: Lee si trovò un lavoro, per rendersi indipendente e restare in U.K., e decise di cercare un coinquilino per dividere le spese. All’annuncio rispose un giovane jamaicano, Sonny Roberts. Successivamente Sonny propose a Lee di aprire un club nello spazio di proprietà del giovane, ma Lee non si fidava, i due optarono quindi (su pressione di Sonny) per uno studio di registrazione.
Lee affermò di non aver avuto idea di cosa si trattasse, ma lo lasciò fare, così comparvero le classiche scatole di uova per insonorizzare ed una cutter machine per i vinili. A breve i due incominciarono a produrre dischi, avvalendosi di artisti come Rico Rodriguez al trombone e Mike Elliott al sax. I nomi delle etichette furono Sway e Planetone, il genere quello richiesto al momento: jamaican r&b.
Nel 1962 Lee dovette affittare il piano terra, per motivi prettamente economici. Ricevette la chiamata di una persona interessata: David Betteridge, il quale, a nome del suo boss, cercava uno spazio per una compagnia discografica con la quale lavorava. A breve David e il suo capo Chris si trasferirono al piano terra del 108 di Cambridge Road. Il capo di David era nient’altro che Chris Blackwell, un giovane inglese proveniente dalla Jamaica, dove aveva vissuto a lungo. Per qualche anno a partire dal 1958 Chris aveva esercitato il mestiere di produttore discografico di medio successo, producendo il pianista jazz L. Haywood e lanciando, dal 1960, i primi successi con le sue etichette Island e R&B, astri nascenti come Owen Gray, Jackie Wilfred Edwards e Laurel Aitken.
La nascita della Island Records
Chris Blackwell lanciò la versione UK della sua label Jamaicana, la Island Records, supportato dal produttore jamaicano della Beverley Leslie Kong e dal sound engineer Graeme Goddall. La Island era formata da una combo davvero efficiente ed aveva nella persona di Bettleridge un dinamico distributore. A quei tempi la distribuzione era artigianale, avveniva infatti per mezzo di furgoncini e auto private, con lo scopo raggiungere le centinaia di rivenditori presenti nel paese, per questo era fondamentale avere un’ottima organizzazione logistica.
I quattro furono geniali e trasformarono la sede di Cambridge Road in una delle compagnie discografiche indipendenti più grandi d’Inghilterra. In poco tempo anche Lee Gopthal e la sua label iniziarono a collaborare con l’inquilino Blackwell che si occupava anche della loro della distribuzione. Essi aprirono un music shop chiamato Musicland, oltre al banco allo Sheperd’s Bush.
Nel frattempo,nel 1965, la Island fece il botto di vendite con Guns Of Navarone degli Skatalites, che raggiunse la 36esima posizione della pop charts. Poco dopo Goddall, direttore della Island, aprì l’etichetta Doctor Bird.
In questo scenario il talentuoso businessman Lee Gopthal vide uno spiraglio per i suoi affari e pensò bene di volare in Jamaica e stringere un accordo con Lloyd “Sir” Coxsone, che si concretizzò nella versione UK della Coxsone label, nel luglio 1967.
Da luglio a fine 1967 furono immessi sul mercato inglese 30 singoli e 6 LP per la label, grazie ai quali si formò lo zoccolo duro di fans inglesi del nuovo sound: il Rocksteady.
Nel frattempo la Island firmò un contratto con l’altro grande produttore jamaicano, Duke Reid, e preparò un’etichetta apposita per le sue produzioni. Il nome scelto per l’etichetta fu ispirato dal soprannome utilizzato per indicare Reid, Trojan, dal nome del furgone da lui utilizzato. Ma per vedere l’affermazione della Trojan Records dobbiamo pazientare ancora un altro po’.
L’esplosione della musica giamaicana in Inghilterra
Erano i tempi delle blues dance nelle case e cantine private, lì si recavano a ballare i giovani immigrati caraibici, a questi party suonavano sound come quelli di Duke Vin, Count Suckle, Lloyd Coxsone, Prince Heron, che spesso si esibivano anche al Roaring Twenties, club frequentato da adolescenti mods e fan del R’n’B come i giovani Mick Jagger, Steve Winwood, Keith Richards, Eric Clapton, Jeff Beck, Rod Stewart e molte altre future stelle del rhythm and blues inglese, chiaramente influenzate dalla black music portata dai giovani jamaicani in UK.
Presto Lee Gopthal cedette lo shop Musicland e aprì il leggendario Musik City. Lee Gopthal fu anche scopritore di talenti, come nel caso del grande Bobby Thompson, noto anche come Dandy Livingstone. Lee Gopthal introdusse Dandy al titolare della Carnival, per il quale produsse i suoi primi singoli prima di passare alla label Ska Beat di Rita King.
Per tornare a Blackwell, la sua fortuna fu anche di avere un personaggio come Betteridge, all’epoca considerato il re della distribuzione indipendente, e di lavorare con Goddall, ottimo ingegnere, oltreché di avere l’accordo con Leslie Kong che produceva gli artisti in Jamaica e mandava i nastri a Chris per stampare e distribuire tramite la Island inglese, su licenza Beverley.
Leslie Kong morì d’infarto a soli 38 anni, fu una grave perdita per tutti, artisti e pubblico. Betteridge fu colui che si recò nel 1967 in Jamaica per firmare con Duke Reid, accompagnato per l’occasione da un giovane Bunny Lee.
Jim Flynn è un altro nome importante nella storia della Trojan Records. Iniziò nel 1962 con Lee Gopthal e la loro label Beat & Commercial/B&C (che poi divenne B&C) pubblicizzandosi sul Jamaica Weekly Gleaner edizione inglese e commerciando sul banco di Sheperd’s Bush, viaggiando con una Mini Morris piena di dischi, nella miglior tradizione dei “self made man”.
Jim si occupava di dirigere alcune etichette, lanciate ciascuna per ogni singolo produttore jamaicano con cui era stato siglato un accordo: Amalgamated, Coxsone, Rio (comperata da Richard che aveva due shop a Brixton, con la Rio produssero la celebre Train To Skaville degli Ethiopians).
Nel 1967 i negozi erano dieci e altre due etichette erano state aperte: la già nominata Amalgamated, per le produzioni di Joe Gibbs e la Blue Cat. La Island Records intanto produsse molte hit, che andavano continuamente ristampate, titoli come: Carry Go Bring Home, Guns of Navarone, Rub Up Push Up, Guns Fever, erano sempre richiesti dal pubblico.
I musicisti stessi erano di casa negli uffici, passavano da Cambridge Road, Jimmy Cliff, Owen Gray (che stava ottenendo buoni ascolti tra il pubblico soul), Jackie Edwards, Rico Rodriguez, Millie Small e molti altri.
Le etichette producevano quasi esclusivamente singoli. Il primo LP a vendere bene fu Club Ska. Tim Clarke era il direttore marketing, colui che organizzava e materialmente consegnava agli stores i dischi.
Per i primi anni gli acquirenti erano solo jamaicani, ma dopo breve tempo anche i giovani mods inglesi incominciarono a seguire lo ska e così la cultura jamaicana incominciò ad influenzare quella inglese.
Nel frattempo sia Lee Gopthal con le sue label che Chris Blackwell con la Island erano cresciuti molto. I due lasciarono Cambridge Road e affittarono la celebre Music House, dove incominciarono a lavorare ancor più a stretto contatto, in maniera tale da poter trattare più solidamente coi produttori jamaicani, facendo fronte comune. Anche se, dopo i successi di Millie Small, la Island stava orientandosi verso una audience pop rock, dopo aver firmato un contratto con la Chrysalis records.
Questione spinosa, che danneggiò gli artisti dell’epoca, furono i publishing rights. A quei tempi non esistevano diritti d’autore. Le case discografiche compravano la musica direttamente dai produttori e non dagli artisti. Gli artisti venivano retribuiti per il singolo pezzo eseguito in studio, eventuali rischi ed eventuali guadagni spettavano ad altri, produttori e discografici, cosa oggi impensabile.
La Trojan Records
A questo punto la B&C di Gopthal aveva costruito relazioni di lavoro con i top producers jamaicani e aveva a sua disposizione una catena di negozi per la vendita diretta di dischi, mentre la Island aveva rapporti da lungo tempo con figure importanti della scena musicale jamaicana e una forte presenza nella distribuzione nel mercato inglese.
Venne naturale creare una sinergia comune e quindi fu fondata, nell’estate del 1968, una label apposita: la Trojan Records. La Trojan Records fu in realtà fondata nel 1967 per i successi di Duke Reid, dalla Island, la quale però dopo una dozzina di singoli lasciò cadere il progetto nel dimenticatoio, anche perché il “duca”, da buontempone qual era, aveva firmato anche in contemporanea con la Doctor Bird di Goddall.
Alla Music house qualcuno si ricordò di questa label sussidiaria lasciata in stand by e propose di rivitalizzarla. Il 23 luglio 1968 fu dato alle stampe il primo singolo, il TR-601 attribuito a Brother Dan All Stars (Dandy Livingstone). A partire da questo singolo nacque la Trojan Records della joint-venture tra Island e B&C.
Dandy aveva parecchio materiale preparato per i fratelli Palmer della Pama, ma Lee Gopthal lo intercettò e non giunse mai negli uffici dei Palmer, bensì in quelli della Trojan Records. Gopthal e Betteridge partirono alla volta di Kingston e chiusero accordi con Duke Reid, questa volta più seriamente, con Sonia Pottinger della High Note, con Studio One, Coxsone Dodd, Lee Perry, Clancy Eccles, Bunny Lee, Harry J. e addirittura con Bob Marley e i Wailers per alcuni singoli che però in UK non ebbero il successo sperato.
La collaborazione tra Island e B&C durerà sino al 1972, separandosi poi per divergenze sulle politiche aziendali, la Island aprirà la Blue Mountain Music, per focalizzarsi solo su alcuni artisti (Wailers e Maytals tra questi). La Pama, invece, si concentrerà solo sul reggae made in UK, data l’altissima inaffidabilità dei produttori jamaicani, in particolare riguardante le esclusive, quasi sempre non rispettate.
Nel frattempo, dagli anni 70, soprattutto dal 1973, il reggae targato Trojan Records incominciò ad essere “anglicizzato”: venivano aggiunte ai master originali le sezioni di archi, per essere più ascoltabili nel circuito pop. Di lì a breve arriverà l’album dei Wailers Catch A Fire, che cambierà di molto la situazione e contemporaneamente incominceranno le prime trasmissioni radio, fino ad arrivare, nel 1978, allo show di Rodigan su Radio London.
La storia della Trojan Records continua ancora oggi, e in occasione del cinquantennale dell’etichetta la label ha lanciato un documentario che speriamo di poter vedere presto in Italia.