Nel weekend di Pasqua, nel bellissimo quartiere londinese di Islington, all’O2 Academy, si tiene la trentesima edizione del London International Ska Festival. È certamente una cosa banale da dire, ma per noi che viviamo la passione per lo ska, per le sottoculture e per il punk dall’Italia un viaggio a Londra ha sempre un suo lato mitico. Non potrebbe essere altrimenti: una vita passata ad ascoltare band ed artisti che raccontavano le vicende ed il fascino di quel luogo giustificano ampiamente questa sensazione. Ed allora immaginate che cosa si prova nell’unire un viaggio a Londra alla partecipazione ad uno dei più importanti festival ska del mondo, il London International Ska Festival, che quest’anno ha compiuto trent’anni. Nella sua lunga storia l’evento ha visto calcare i propri palchi dai più importanti artisti ska e rocksteady. Quest’anno il festival si è svolto su quattro giorni, dal 29 marzo all’1 aprile, ed anche grazie all’importante ricorrenza del trentennale la programmazione è stata davvero di alto livello, con una serie di eventi incastrati tra di loro. Noi abbiamo vissuto i primi due giorni dell’evento, quelli con i Clarendonians e Derrick Morgan come ospiti principali.
London International Ska Festival, giorno 1 (Clarendonians, Doreen Shaffer, Otis Gayle, Alpheus)
I live a Londra cominciano presto. Arriviamo all’O2 Academy tra le 18 e le 19 e rimaniamo subito colpiti dalla bellezza della zona, ma anche dalla particolarità del luogo dei live. Non è troppo grande come ci aspettavamo, la sala principale ha infatti una capienza massima di 800 posti, non superiore a quella in cui si svolgono i concerti ska medio-grossi (a volte anche eventi italiani ska hanno superato questo numero). Il posto è veramente bello, ha un’ottima acustica ed è ben organizzato. Scopriamo, sorprendentemente, che esiste una piccola sala in cui si esibiscono in contemporanea i The Spitfires, band mod in stile Jam. Pur facendo parte del London International Ska Festival, si tratta di un evento a parte con i biglietti sold-out, e si svolge stranamente in contemporanea ai concerti principali. Un peccato averli persi.
L’apertura dell’evento principale è affidata al londinese di origini giamaicane Alpheus ed alla sua band, particolarmente energici, ad Alpheus segue lo storico Otis Gayle. Da qui in poi ad accompagnare gli artisti, che si esibiscono in sequenza e ad un ritmo serrato uno dopo l’altro, fino alla fine della serata, è sempre la stessa band. Con Otis Gayle le cose si fanno particolarmente interessanti, stiamo parlando di un cantante che viene dai leggendari Byron Lee And The Dragonaires e che ha creato anche alcune hit da solista, tra cui spicca in particolare I’ll Be Around, cover di un pezzo dei The Spinners. Otis è particolarmente bello da vedere oltreché da ascoltare, colpisce ed incanta perché si muove nello stesso modo in cui canta, con eleganza e delicatezza.
Dopo Otis Gyle al London International Ska Festival è la volta di un nome noto a tutti noi, Doreen Shaffer. Noto non solo per la sua importanza storica nello ska, ma anche perché il suo è un volto ben conosciuto agli appassionati italiani. Doreen è spesso in tour con gli Skatalites, che negli ultimi anni hanno registrato un numero di presenze nel nostro paese davvero notevole. La “regina dello ska” si esibisce con una scaletta classica, la stessa che vediamo con gli Skatalites. Non sorprende minimamente, ma è difficile non amarla, il suo viso esprime un amore sincero nei confronti del pubblico.
Con i Clarendonians siamo all’ultimo gruppo in programma. La band di supporto non si ferma, smorzando la piacevole attesa che in genere precede il concerto, così Fitzroy “Ernest” Wilson e Peter Austin entrano in scena immediatamente e con un certo stile. I due sono decisamente entusiasti. L’apertura è affidata alla splendida ed emozionante You Can’t Be Happy, a seguire tutti i loro pezzi più noti. Bravissimi nell’alternare le due voci perfettamente, vero punto di forza della band. Ma una delle cose che colpiscono, e vale in genere per molti artisti giamaicani, è l’autenticità che si percepisce nelle esibizioni dal vivo. A tal proposito, basti pensare che sono state ben due i momenti di vera commozione sul palco all’interno di questo festival, uno proprio durante la serata dei Clarendonians quando Peter Austin, per qualche secondo, ha pianto ricordando una ragazza cui era legato.
London International Ska Festival, giorno 2 (Derrick Morgan, Freddie Notes, The Uppertones)
Arrivati ad Islington nel secondo giorno, ci rendiamo immediatamente conto del fatto che l’atmosfera sia diversa, più intensa. La presenza di Derrick Morgan, associata ad un numero più alto di band in programma, ha richiamato decisamente più gente e già alle 20 la sala è piena. La serata viene aperta dai Baracutas, il cui cantante si fa notare per lo stile e per il suo modo di ballare lo ska, questa band non risparmia le cover, e spiccano alcune dei Beatles. A loro segue lo ska e il rocksteady degli Hypocondriacs.
Prima che la serata entri nel vivo c’è tempo per fare visita e comprare un po’ di dischi e fanzine ad un banchetto particolarmente prezioso, quello di Do The Dog Music, gestito da Kevin, tastierista degli ottimi Bakesys. Do The Dog si definisce come “The UK’s numero uno ska CD mailorder distro & the world’s longest running ska publication! Cooking up hot ska biscuits since 1989!” ed è attualmente la più interessante fonte di informazione legata alla musica ska, dal punto di vista di chi scrive.
Con i The Uppertones la serata entra nel vivo, e da qui in poi il live sarà profondamente influenzato dal trio torinese che, dopo l’ottimo concerto (mai visto un Peter Truffa così in forma!) dimostrano essere i più adatti per accompagnare prima il pittoresco Freddie Notes, che ci regala un’esibizione appassionante, e poi direttamente Derrick Morgan. Quando Derrick entra sul palco l’atmosfera è solenne, tesa perché sappiamo che sta per succedere qualcosa di importante e nell’aria c’è odore di leggenda. “The King of Ska”, nonostante l’età che avanza e gli evidenti limiti da essa derivanti, è felice e sicuro di sé. Ha una giacca vistosa, un sorriso fiero ed una voce il cui timbro racconta una storia che viene da lontano. Non appena la si ascolta è difficile non esser presi dall’emozione, perché la musica che amiamo ha la una delle sue massime espressioni proprio in quel signore che è lì, a pochi metri da noi. L’apertura è con Reggae Train, e poi via con tutti i pezzi più importanti, con un bis che è inevitabilmente dedicato a Blazing Fire e Moon Hop, finale di un live tanto breve quanto intenso e toccante.
Dopo i live c’è una sorpresa che non era annunciata dal cartellone: il dj set di Don Letts, uno dei simboli del legame tra reggae e punk ed autore, tra l’altro, di un bellissimo documentario dedicato alla storia degli skinhead. Con una selezione che è capace di sintetizzare quello che musicalmente è a noi più caro, Don Letts chiude quella che è stata per noi un’esperienza che non dimenticheremo facilmente.
Photo credit: London International Ska Festival
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