Ascoltare gli Steady 45s vuol dire fare un salto nella Giamaica degli anni ’60: pur essendo una giovane band di Los Angeles, infatti, i loro suoni sono assolutamente vintage e potrebbero essere scambiati per un prodotto d’altri tempi.
Avevamo conosciuto gli Steady 45s a fine 2016 con il loro glorioso esordio, Greenleaf Special, entrato all’interno della nostra classifica sui migliori album del 2016. Il primo disco degli Steady 45s fu sorprendente: una partenza perfetta, da parte di una band composta da giovani appassionati che si sono autodefiniti “A 7-piece band of hooligans”. Non a caso, questo gruppo si è guadagnato una bella nicchia di fan ed anche una serie di inviti ad importanti festival legati alla scena ska, oltre ad aver avuto il privilegio di duettare con gli storici Clarendonians. Superare quel piccolo capolavoro che era stato Greenleaf Special non era facile, tuttavia i ragazzi hanno deciso di provarci a fine 2017, facendo uscire Trouble in Paradise.
Trouble in Paradise si apre con Maria Julia, uno strumentale allegro e gioioso; ascoltandolo viene immediatamente il desiderio di ballare. Il secondo pezzo è tra i migliori: Anywhere But Here è energica ed irrestistibile, ed introduce il valore aggiunto di Joe Quinones, voce degli Steady 45s. Una perla per gli appassionati, una boccata d’ossigeno per chi è continuamente alla ricerca di nuovi album capaci di avere dei riferimenti musicali ben precisi ma di rinnovarsi senza cadere nel tranello delle cover.
Uno ska ed un rocksteady di questo tipo, in Italia, lo abbiamo conosciuto bene, ed è inevitabile pensarci, sin dalla parte introduttiva di questo lavoro. Dal punto di vista di chi scrive, infatti, le tracce del secondo lavoro degli Steady 45s hanno qualcosa in comune con i Bluebeaters, in particolare con il loro ultimo Everybody Knows. I riferimenti musicali sono evidentemente gli stessi (quelli del rocksteady del periodo 1966-1967) e c’è anche una certa somiglianza nel timbro di voce.
Ritornando a Trouble In Paradise: l’apertura di questo disco potrebbe trarre in inganno perché non regala immediatamente l’anima più profonda degli Steady 45s, che arriva solo con la dolcezza di Valentines Day, con l’imponente sax di Spare Change e con la riflessiva Love Can Be. Qui il ritmo si fa più rilassato ed emerge chiaramente il lato rocksteady degli Steady 45s attraverso una serie di tracce godibilissime, dal sapore caldo ed estivo.
I’m In Love ha un ritmo più deciso e ci regala un po’ di confortevole malinconia, così è per la splendida Leave Me. Get Her Back è uno dei pezzi migliori dell’album, qui il richiamo ad Alton Ellis è fortissimo, quasi un omaggio. Un puro e magistrale esempio di rocksteady in cui fiati, voce, tastiera e ritmo in levare danno vita ad una combinazione perfetta capace di regalarci un suono compatto, coinvolgente ed emozionante: come se il tempo non fosse mai passato, l’impressione è quella di ascoltare un singolo della Treasure Isle uscito nel “vicinissimo” 1966. Lo stesso vale per la bellissima – meno incisiva della precedente – Life Is but A Dream.
La chiusura è con l’omonimo Trouble In Paradise, uno strumentale orecchiabile, dolce e profondamente inquieto. Una canzone seducente che chiude un album ottimo creato da un gruppo che, nel giro di due anni, ha dato vita a due dischi che nella scena ska contemporanea avevamo cercato per anni, senza trovarli.
Qui la pagina Facebook degli Steady 45s.