Count Ossie, il campo Rasta di Wareika e la rivoluzione di “Oh Carolina”

Il "campo rasta" di Waleika e Count Ossie

La musica giamaicana è stata modellata da figure pionieristiche che hanno saputo dare ai generi dell’isola un profilo determinato e specifico. Un posto particolare, fondamentale, in questa storia, viene occupato da Count Ossie.

Storicamente, gli strati sociali neri e poveri della Giamaica, progenie delle masse schiavizzate, avevano mantenuto un diretto legame culturale con l’Africa, da cui discendevano, attraverso le forme ed i riti religiosi e musicali che là avevano le radici e che, nei secoli, erano stati tramandati e preservati in forma orale: il burru, il cumina, il pocomania ed il bongo.

In seguito alla predicazione di Marcus Garvey e all’affermarsi dell’ideologia panafricanista nella prima metà del secolo scorso quei riti, da semplice manifestazione rurale, furono riempiti di un significato più alto, anche materiale, venendo considerati come un sommovimento, ancorché inconsapevole, dell’animo degli ultimi di fronte alla tendenza conformista della borghesia nera allo “sbiancamento intellettuale”. Gli umili lavoratori delle piantagioni, proprio tramite questi riti, stavano mantenendo viva la tradizione spirituale dell’Africa occidentale da cui erano stati strappati e con essa una fondamentale funzione sociale. Citando l’importante studioso nero-americano Leroi Jones, infatti, “Qualunque linea storica o emotiva della musica nera si conclude inevitabilmente alla religione, cioè al culto della divinità. La spiritualità è sempre alla radice dell’arte nera, quantomeno l’appello in quella direzione.” Per quegli uomini e donne che non avevano nulla, la vita e tutte le sue espressioni erano un fatto essenzialmente spirituale.

Sebbene il burru, uno dei più importanti stili musicali attraverso cui si esprimevano questi riti, fosse deliberatamente ignorato dal mainstream musicale giamaicano, trovò uno spirito affine nel movimento Rastafari, un altro gruppo di reietti i cui aderenti proclamavano l’orgoglio razziale nero e la resistenza culturale a Babilonia, cioè alla società imperialista e capitalista. Con la crescita del Rastafarianesimo, in particolare nei caotici ghetti di Kingston, prese luogo una fertile cooperazione tra i due gruppi, con la figura di Count Ossie che emerse come più la rilevante in questo connubio.

Il percussionista Count Ossie

Count Ossie, al secolo Oswald Williams, nacque nel 1927 e crebbe in un villaggio chiamato Bito, adiacente ad una cava, a poche miglia dalla zona orientale di Kingston, sulle colline che sovrastano Bull Bay. Da giovane, Count Ossie aveva imparato a suonare le percussioni nella Boy’s Brigade, un’organizzazione giovanile cristiana, ed aveva fatto le sue prime esperienze nelle marching band locali, finché la sua famiglia non si trasferì a Slip Dock Road, un sobborgo poverissimo nella Kingston orientale. Fu qui che entrò in contatto con la comunità rasta, iniziando a frequentarne l’insediamento di Salt Lane, un quartiere di Kingston dalla fama decisamente negativa. Count Ossie fu accolto sotto l’ala protettrice di Brother Job, un percussionista burru che, a sua volta, era stato allievo di Watta King, un musicista molto rispettato sull’isola, e presto si fece riconoscere per la sua destrezza alle percussioni.

Nel 1951, dopo che un uragano distrusse il campo rasta di Salt Lane, Count Ossie si spostò ad Adastra Road, nel cuore di Rockfort. Qui cominciò ad organizzare i grounation: incontri sulle circostanti colline di Wareika, che celebravano l’Etiopia e l’Africa con il ritmo, i canti e la spiritualità. Questi incontri divennero rapidamente il punto focale del movimento Rastafari provocando, in prospettiva, un rivoluzionario cambiamento all’interno della musica giamaicana.

Le session che Count Ossie teneva nel suo accampamento fino a notte fonda nella seconda metà degli anni ’50 furono letteralmente cruciali per la diffusione del Rastafari all’interno della comunità musicale di Kingston. In questo modo, contribuì a creare quella forma peculiare di musica giamaicana che si impose non appena il movimento per l’emancipazione dal colonialismo britannico emerse vittorioso. Il carismatico Count Ossie, infatti, attrasse non solo altri emarginati dalle comunità rurali, che lo vedevano suonare sul bordo del pozzo del locale sistema fognario, ma persino i migliori musicisti jazz dell’isola che presero così a convergere su Wareika.

Tra le personalità più importanti attive nei grounation di metà secolo ricordiamo: Wilton “Bra Bra” Gaynair, uno dei più stretti amici di Count Ossie e raffinato sassofonista tenore che successivamente, trasferitosi nel Regno Unito, sarebbe diventato parte della scena jazz inglese d’avanguardia. C’era anche il trombonista Rico Rodriguez, che visse a lungo a Wareika; e persino il mentore di quest’ultimo, il talentuoso Don Drummond, che per un periodo si stabilì nel campo, insieme al sassofonista Roland Alphonso ed al batterista Lloyd Knibb (musicisti, questi ultimi, che avrebbero poi dato vita agli Skatalites). Anche il tastierista Jackie Mittoo ed il chitarrista Ernest Ranglin ne erano abituali frequentatori, mentre il trombettista Johnny “Dizzy” Moore visse lì fino alla fine dei suoi giorni. Come vediamo, il campo rasta di Wareika era frequentato da quei musicisti che avrebbero poi dato forma allo ska, la prima espressione musicale giamaicana propriamente indigena.

Ciò che portò questi artisti a Wareika erano le percussioni, il ritmo, proprio quei tamburi che rappresentavano una fiera riscoperta della proprie radici africane.

Quando Count Ossie ed i suoi percussionisti apparvero sul disco dei Folkes Brothers Oh Carolina, prodotto da Prince Buster nel 1960, la notizia fu accolta da tutti in Giamaica quasi con incredulità, con sbigottimento. Per la prima volta, un musicista spirituale suonava in un disco di musica da ballo. Ma il brano, un inedito incontro tra il boogie e le percussioni burru, divenne talmente popolare e la richiesta del singolo così intensa che le stazioni radio giamaicane, nonostante l’iniziale censura, furono costrette a trasmetterlo regolarmente. La poetessa giamaicana Sister Melva sostiene che Oh Carolina fu davvero il primo pezzo culturalmente reggae della storia, una vera e propria pietra miliare. Ed erano state le percussioni di Count Ossie ad aver portato alla ribalta questa cultura di resistenza che fino ad allora scorreva sotterranea.

Prince Buster, che aveva smesso di lavorare per il sound system di Coxsone Dodd ed aveva fondato il proprio sound, il Voice of the People, sapeva che il brano era una bomba innescata che presto sarebbe esplosa: “Io ero il migliore tra i sound system, mi piaceva sempre sperimentare. Quando ero un ragazzino andavo a trovare spesso Count Ossie a Salt Lane, lo ascoltavo e rimasi affascinato da quel suono, così quando ebbi la possibilità decisi di chiamarlo per registrare le sue percussioni.
Ma non fu facile per Prince Buster convincere Count Ossie: dovette trascorrere diversi giorni al campo rasta di Wareika per vincerne le resistenze, dato che Ossie non voleva avere nulla a che fare con la scena dei sound system che considerava, a causa del giro di soldi, delle rivalità e delle violenze di cui era in effetti portatrice, una manifestazione tipica del sistema di Babilonia.

Ricorda Buster che quando posò per la prima volta Oh Carolina sul piatto durante una dance e “si sentì per la prima volta nell’aria quel tamburo pu-do-do-pum, si capì subito che era davvero il sound dei rasta in cerca di un’identità, il sound dei poveri giamaicani neri”. Per la prima volta nella storia dell’isola, infatti, una delle poche forme artistiche superstiti arrivate dall’Africa, genuina espressione della negritudine giamaicana, nonostante l’ostilità della borghesia nera, era diventata un prodotto commerciale. Oh Carolina creò una coraggiosa ed inedita unione tra Rastafari e mondo musicale che resta viva ancora oggi costituendo, forse, l’anima più profonda della cultura reggae. Ed è bene ricordare che la Giamaica di quel tempo era ancora colonia dell’Impero Britannico.

Count Ossie ed i suoi percussionisti iniziarono, così, ad effettuare altre incisioni per vari produttori: Harry Mudie, Vincent “Randy” Chin e Coxsone Dodd, suonando anche davanti ad Haile Selassie alla King’s House durante la visita di Stato dell’Imperatore d’Etiopia in Giamaica nel 1966. Questo permise ad Ossie di far emergere altri aspetti della sua arte: egli voleva davvero contribuire al cambiamento sociale attraverso l’espressione della sua filosofia panafricanista e della sua fede nel Rastafarianesimo. Gli incontri che promuoveva erano volti a diffondere la pace e l’autocoscienza tramite la musica, i fiati, le percussioni, i canti e l’armonia che tutto questo generava.

La più grande collaborazione musicale in cui Ossie si impegnò fu con il gruppo The Mystic Revelation of Rastafari, che unì i percussionisti di Count Ossie con i The Mystics, una band guidata dal talentuoso sassofonista e ricercatore spirituale, Cedric “Im” Brooks. Con questa band, nel 1973, Count incise l’innovativo album Grounation, diviso in tre dischi, il suo vero e proprio capolavoro ed uno degli album più importanti della storia della musica giamaicana che comprende, oltre alle sue percussioni, anche brani cantati ed infuocati jazz strumentali.

Queste incisioni, unite anche al supporto e rispetto che tributò loro Duke Ellington in persona, permisero alla nuova band di Count Ossie di viaggiare e farsi conoscere al di fuori della Giamaica. Dopo l’accoglienza travolgente con cui furono accolti in Guyana, intrapresero un tour di concerti e conferenze anche all’interno del prestigioso circuito universitario statunitense, culminato con l’esibizione al Newport Jazz Festival del 1973.

Count Ossie and The Mystic Revelation of Rastafari

Count Ossie and The Mystic Revelation of Rastafari

Ma la sera del 18 ottobre del 1976 si susseguì una serie impressionante di tragedie che posero fine alla vita di Count Ossie, a soli 49 anni. La sua band era invitata ad esibirsi al National Stadium durante una manifestazione in onore degli eroi nazionali giamaicani. Quella sera piovve talmente forte che nel trambusto per uscire dallo stadio che ne seguì morirono schiacciati due bambini. Essendo state sospese le celebrazioni, Count Ossie decise di dirigersi a piedi verso a casa. Ma non la raggiunse: fu investito da un autista di bus ubriaco e morì sul colpo. Nel caos e nella disperazione che il funesto evento causò nella sua famiglia, perse la vita anche suo figlio di otto mesi per un incidente in casa. Furono seppelliti nella stessa tomba, abbracciati.
Così parlò Rico Rodriguez il giorno del suo funerale: “Count Ossie era come un mio fratello di sangue, era l’unica persona con cui in questa società riuscivo a comunicare, l’unica persona che davvero sapeva volermi bene.

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