Madness, in altre parole, quelle italiane, follia pura. Folle come questo inizio di stagione 2017/2018, una scoppiettante tripletta a scacchi.
Prima i Selecter a Bologna organizzati dai Bologna City Rockers, poi il tour italiano di “Mr Rocksteady” Ken Boothe. Ma ora si parlerà del live di uno dei gruppi più influenti e poliedrici della scena 2 Tone, i mitici Madness. Sabato 28 si sono esibiti al Live Club a Trezzo sull’Adda in provincia di Milano, domenica 29 al Gran Teatro Geox a Padova.
I Madness non hanno perso per niente lo smalto dei giorni migliori. Un concentrato di energia, eleganza british, tecnica sopraffina e presenza scenica. Soprattutto la voce Graham “Suggs” McPherson interpreta i brani con una mimica facciale e un carisma da attore consumato, duettando splendidamente con Lee “El Thommo” Thompson che, senza offesa (anzi!), vedrei bene anche in una scenetta del Benny Hill Show.
Andiamo con ordine, che già mi sono lasciato trasportare dalle emozioni. Molto spesso il viaggio per arrivare ad una meta può essere di suo molto significativo. Soprattutto quando ha determinate aspettative ed emozioni. Soprattutto quando viaggi in un camper pieno di fan sfegatati dei Madness. Dentro il camper a tutto volume ci è sembrato giusto ascoltare qualcosa di diverso, i Madness. Arrivati al parcheggio del Live Club anche relativamente presto, ci sbizzarriamo con giocate di calcio d’alta scuola, numeri impressionanti a dribblare l’albero accanto al camper, o superare i muretti con pallonetti sopraffini. Tanto che non ci rendiamo conto che il live sta per iniziare, puntualissimo. Tempo una velocissima sosta al pub di fianco al locale e siamo dentro, grande organizzazione. Oddio, i buttafuori con la radiolina non è una di quelle cose che vorresti vedere ad un concerto ska, ma il locale e soprattutto i numeri degli spettatori è impressionante.
Entriamo che si stanno esibendo i Giuda, fenomenale gruppo glam rock da Roma. Chi li conosce, rendendosi conto che sono solo il gruppo d’apertura, può capire la portata della serata. Dopo i Giuda un neanche tanto breve cambio palco e poi tocca a loro. Pronti via ed è subito One Step Beyond, il brano di uno dei padri dello ska giamaicano Prince Buster, reso celebre dal gruppo londinese nel 1979. Come tutti i tormentoni croce e delizia per una band che ha sempre cercato di innovarsi e non rimanere troppo legata ai primi successi. Io almeno immagino sia così. Subito dopo Suggs sfoggia orgoglioso il suo italiano imparato nella residenza estiva salentina, salutando e ringraziando il pubblico. Si procede con un altro pezzo storico dei Madness, Embarassment. Brano meno esplosivo del precedente, che punta soprattutto sul talento interpretativo di Suggs e sull’abilità dei fiati.
Si continua col vecchio repertorio con The Prince (il loro personale omaggio a Prince Buster) che dà maggiormente spazio alle tastiere di Mike “Monsieur Barso” Barson. Dopo NW5, canzone relativamente nuova inserita in The Liberty Of Northon Folgate che nel 2009 arriva quinto nelle classifiche inglesi, si ritorna indietro nel tempo con My Girl. Qui i Madness descrivono con la loro consueta ironia la difficoltà dei rapporti di coppia. In occasione del live, il brano viene reso più lento per avvicinarsi dolcemente alle melodie più malinconiche e romantiche dell’ultimo lavoro della band Can’t Touch Us Now.
Si alternano Mr. Apple, Herbert, e il commovente pezzo dedicato a Amy Winehouse, Blackbird. Il pubblico meno carico dell’inizio del concerto, è però in qualche modo ipnotizzato dalle melodie raffinate e dalla bravura di Suggs che, come già detto, dimostra di saper tenere il palcoscenico.
I Madness però non si dimenticano delle origini. Nella parte centrale del live con una cover di I’m Walking ricordano uno dei padri del Rock & Roll che ci ha appena lasciato, Fats Domino. Se chi scrive e probabilmente chi legge ascolta la musica che ascolta ora lo dobbiamo anche a lui.
Si arriva al finale, l’eccitazione sale perché alcuni brani fondamentali devono ancora arrivare. Mambo Jumbo, sempre dal nuovo album, interpretata da Thompson, fa da apri pista ad una successione da pelle d’oca. House of Fun, Baggy Trousers, Our House e la dolcissima It Must Be Love. Mi ritengo un discreto animale da sottopalco, ma Baggy Trousers in particolare penso mi abbia fatto perdere 5 anni di vita.
Il bis non lascia ulteriore scampo. Due brani di quelli che sei da una parte della sala e ti trovi dalla parte opposta senza accorgertene.
Come avrete capito i Madness sono legati a filo più che doppio con Prince Buster. Il loro brano più famoso (One Step Beyond) è una sua cover, The Prince è una dedica e infine un altra canzone del “principe” ispira il nome della band e ne diventa loro cover. Stiamo parlando appunto di Madness, con cui rientrano sul palco i nostri eroi di Camden, per poi finire con quello che non esito a definire un vero e proprio orgasmo 2 Tone.
Fischiano le sirene della nave, si agitano in fez in sala, rullano i rullanti perchè il finale del live è dedicato a Nigh Boat to Cairo!
Che dire, dopo il live eravamo tutti ancora molto eccitati, con lo sguardo di chi ha vissuto qualcosa che non dimenticherà per un bel po’. Il tempo di ballare un po’ col dj set in sala piacevolmente modernista, dare fastidio ai baristi del locale per cercare di bere gratis, conoscere qualche personaggio assurdo e ci si avvia verso il camper. Stanchi, sicuramente ubriachi, ma felici.
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Immagine di copertina: Luke Dison Photography