Daylight: recensione e streaming del nuovo album dei Selecter

I Selecter, immagine promozionale per il nuovo album Daylight

Pauline Black l’ha detto chiaramente durante l’esibizione dei Selecter a Bologna City Rockers, per rispondere alla richiesta di chi implorava i pezzi di Too Much PressureSiamo nel terzo millennio! Daylight

Questo è l’approccio da tenere in considerazione prima di ascoltare Daylightultimo album di una delle band simbolo del filone 2 tone. I tempi di Too Much Pressure sono passati, e va benissimo così, perché i Selecter di Daylight sono uno splendore. Va precisato, come abbiamo già avuto modo di dire, che questo è un periodo di grande produttività per la band di Pauline Black, probabilmente il secondo migliore dopo quello dei primissimi anni ’80. Lo dimostra la loro fortissima vena creativa, esplosa nuovamente negli ultimi anni, ma a farcelo capire in modo particolarmente interessante è anche la sempre più insistente presenza di Pauline Black all’interno di autorevoli media inglesi come il The Guardian o la BBC. Questo dato, pur non essendo prettamente musicale, ci fa capire che Pauline, negli ultimi anni, è riuscita a posizionarsi come figura di rilevanza nazionale per l’immaginario culturale inglese, ben oltre i circuiti underground cui siamo sempre stati abituati ad associarla.

È all’interno di questo roseo scenario che vede la luce Daylight. Conclusa questa fondamentale premessa, torniamo a parlare di musica. Quest’album è bellissimo. Non c’è ska, ma questo fatto non va giustificato e se continua a sorprendere qualcuno è solo perché ci si è persi alcune fondamentali tappe dei Selecter; in questo caso sarebbe bene fare un passo indietro e scorrere la loro discografia prima di continuare a leggere quest’articolo.

La traccia di apertura di Daylight, primo singolo estratto, è Frontline. Questo piccolo gioiello si occupa, in modo critico, del tema dell’alienazione derivante dai social media, dagli smartphone, e dallo shopping compulsivo indotto: “My mind is full / My heart is empty / It’s hard to live / In a world of plenty / The more I see / The less I feel / You sell me dreams / But they’re not real”. Il video di questa canzone è particolarmente significativo, e sarà apprezzato dagli amanti di Black Mirror; mentre il contenuto non passerà inosservato agli occhi degli apocalittici tecnologici. Infine, la parte musicale potrebbe piacere molto agli amanti degli Specials di Ghost Town.

Con la seconda traccia di Daylight, Remember Mesi entra nel vivo dell’album e si comincia a comprendere più precisamente il tipo di lavoro che che si ha tra le mani: un’opera notevolmente pop, nell’accezione positiva del termine. L’impressione viene confermata con la traccia successiva, l’omonima Daylight (che ci regala anche un tocco di Northern Soul), che vanta la prestigiosa collaborazione di Jools Holland, conduttore televisivo del celebre Later… della BBC, ed apprezzabile musicista. È però soltanto con The Big Badoof che si entra nel vivo dell’album: qui abbiamo l’opportunità di gustare un po’ di più la sezione fiati, spesso secondaria nei Selecter, per un reggae assolutamente coinvolgente che, almeno nelle prime battute, contiene un sottilissimo rimando ad Everyday/Time Hard. Abbiamo a che fare con una delle tracce migliori di Daylight, ed il merito è anche di Arthur ‘Gaps’ Hendrickson: difficile non rimanere ipnotizzati dalla sua parte vocale che anticipa il ritornello che vede per protagonisti i fiati.

Da qui in poi l’album è una vera goduria: la voce di Pauline Black è calorosissima ed emozionante, dolce e malinconica nella maggior parte dei casi, ma rafforzata ed indurita dalla solida “spalla” di Gaps, ruolo tutt’altro che secondario il suo all’interno dei Selecter. I ritmi sono sempre abbastanza lenti, e presentano un mix di reggae, rocksteady, soul. È il caso dell’incantevole Paved With Cold, che dopo un’inizio particolarmente dolce incalza per andare a finire in un’ultima strofa quasi aggressiva, capace di destare prepotentemente l’attenzione dell’ascoltatore.

Daylight è un album particolarmente intenso oltreché ricco di messaggi politici, quelli cui i Selecter sono storicamente legati, qui presentati in una versione nuova, più fresca ed attuale, che guarda anche ai cambiamenti tecnologici, alla Brexit, ai “muri”, all’austerity e così via.

Ci si avvia verso la conclusione con Taking Back Control, particolarmente coinvolgente ed orecchiabile, quasi a voler essere un inno da stadio; mentre Things Fall Apart si distingue per la melodia gioiosa. Con Mayehm i ruoli si invertono: è Pauline a fare da spalla a Gaps. Il finale regala emozioni con 3 Reasons, ma soprattutto con Pass The Power, probabilmente la traccia più valida, non a caso inserita all’interno di una delle cose migliori che i Selecter abbiano mai fatto.

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