Tutti, come appassionati di black music, conosciamo il Notting Hill Carnival che si tiene ogni anno a fine agosto nel quartiere di Notting Hill a Londra, ma in molti ne ignoriamo le origini, che risalgono a molti decenni addietro e che sono tutt’altro che gioiose e spensierate come l’idea del Notting Hill Carnival ci suggerisce. Ripercorriamone insieme la storia.
Prima del Notting Hill Carnival
Il 23 giugno del 1948 attraccò al porto di Tilbury, nel Regno Unito, la nave Empire Windrush, dalla quale sbarcarono 492 passeggeri provenienti dalle Indie occidentali britanniche. Si trattava soprattutto di giovani uomini, molti dei quali avevano già prestato servizio alla madrepatria negli anni della seconda guerra mondiale. Questi uomini erano convinti che, se si fossero rimboccati le maniche un paese come l’Inghilterra che doveva essere letteralmente ricostruito dopo la distruzione causata dalle bombe naziste, gli avrebbe potuto offrire tantissime opportunità.

I primi caraibici sbarcati dall’Empire Windrush
Inoltre dato l’alto numero di vittime prodotto dal secondo conflitto mondiale, la Gran Bretagna aveva reale ed immediato bisogno di manodopera maschile e femminile da impiegare come operai semplici, facchini, carpentieri, addetti al sistema fognario ed a tutti quei lavori spesso disprezzati, sebbene necessari ad una società. Essendo urgentissima la necessità di operai, il governo britannico cercò di attirare i sudditi dalle Indie Occidentali con la promessa di un lavoro soddisfacente e di una migliore qualità della vita. Furono così molti a comprare il biglietto di sola andata per Londra, in particolar modo in un periodo di acuta crisi economica nel quale versava la Giamaica dato che, sin dai tempi della guerra, si erano praticamente interrotte le esportazioni di zucchero. Come se non bastasse nel 1944 un violento uragano si era abbattuto sull’isola causando una distruzione generalizzata, spazzando via tutti i raccolti e le cui ripercussioni si facevano ancora sentire a distanza di un lustro. È in questo scenario che vanno cercate le origini del Notting Hill Carnival.
La madrepatria
Quando arrivarono sul suolo britannico molti indo-occidentali trovarono una situazione completamente diversa da quella che era stata loro presentata nei depliant che il governo aveva fatto distribuire nelle colonie. Innanzitutto le condizioni climatiche, ovviamente opposte rispetto al caldo caraibico, e poi quelle abitative: gli immigrati venivano fatti alloggiare in tetri caseggiati diroccati risalenti al secolo precedente, e ad ogni famiglia spettava solo una stanza.
L’area di Londra nella quale riuscirono a stabilirsi molte famiglie di nuovi immigrati, spesso pagando un affitto doppio rispetto a quello versato da una famiglia di bianchi, fu Notting Hill. Questa zona, a quei tempi, era popolata da palazzoni semi-distrutti dalla guerra o fatiscenti semplicemente per la loro età. Nemmeno l’accoglienza da parte delle famiglie britanniche del quartiere fu calorosa perché queste, vedendo il loro sobborgo sovrappopolarsi di gente dalla pelle nera e la propria routine quotidiana cambiare tanto rapidamente, si sentirono istintivamente spaventate e minacciate, come accade spesso quando un qualche elemento esterno scombussola la semplice vita quotidiana della classe operaia.
Per comprendere i ritmi dell’immigrazione caraibica in Gran Bretagna di quegli anni ci basta osservare solo che, se nel 1954 gli immigrati erano 10mila, già nel 1958 avevano raggiunto la cifra di 125mila.
All’interno della working class il risentimento cominciò a crescere. In aggiunta molti inglesi, pur non provando alcuna invidia per l’impiego dei caraibici, non accettavano di buon grado la concorrenza dei lavoratori immigrati, specie quando questi erano preferiti dai datori di lavoro in quanto più professionali o meramente più ricattabili e quindi più inclini ad accettare paghe più basse e peggiori condizioni contrattuali. Queste le parole di Rico Rodriguez, che si trasferì in Inghilterra nel 1962: “Sulle finestre delle case c’erano dei cartelli con su scritto ‘No neri, no irlandesi’; era molto dura la vita. Io abitavo a Tottenham con degli amici e lavoravo nella fabbrica della Ford e facevo anche altri lavori sporchi. Ho lavorato anche in una fabbrica di gomma e quando uscivo dovevo togliermi i vestiti di dosso per quanto ero sporco.”
Nonostante ciò il rancore negli inglesi montava sempre di più, a volte in forme ingenue, altre volte sotto forma di graffiti murali dal contenuto razzista, saltuariamente ancora con la violenza aperta. Il movimento giovanile Keep Britain White ed il partito apertamente fascista Union Movement di Oswald Moseley cercarono di aggregare ed inquadrare politicamente il peso della crescente, seppur ancora confusa, tensione razziale all’interno dei quartieri proletari. Moseley fu abile proprio in questo: far crescere la paura e trasformarla in tensione per poterla poi sfruttare elettoralmente, con la sua retorica sugli immigrati che “Rubavano il lavoro” e sul pericolo per le donne di essere rapite dagli animaleschi uomini neri che si aggiravano per le città. Questa tensione esacerbata e montata ad arte si tramutò ben presto in vera e propria aggressività da parte di gruppetti di giovani bianchi che la stampa bollò – erroneamente – come teddy boys. Essi presero a pattugliare le strade, spesso anche armati di bastoni e spranghe, agendo come vere e proprie squadriglie di vigilanza razziale spronate e protette dal movimento di Moseley. Per tutto il 1958, anno in cui tra l’altro Moseley era il candidato dell’estrema destra alle elezioni di Notting Hill, la stessa stampa aveva cavalcato questa ondata di isteria xenofoba. In tutti i sobborghi delle maggiori città si respirava infatti un’aria tesa, come se la violenza fosse veramente sull’orlo dell’esplosione.
Il conflitto razziale
Alla base del Notting Hill Carnival c’è un triste episodio di violenza. La sera del 29 agosto 1958, una giovane di origini svedesi stava passeggiando abbracciata al suo ragazzo giamaicano. Sembrava tutto tranquillo, tra l’altro in quei giorni ricorreva il Bank Holiday (le tradizionali vacanze che in Gran Bretagna si tengono l’ultima domenica e lunedì di agosto) e a qualche isolato di distanza in una casa di immigrati si stava ballando in una blues dance con il sound system di Count Suckle. Alla vista della bionda abbracciata al giamaicano un gruppetto di teddy boys impazzì ed aggredì la coppia, assaltandola con alcune bottiglie di vetro rotte ed una spranga di ferro. Dopodiché i violenti assediarono, con pietre e bottiglie, la casa da dove usciva il suono del blues sparato dal sound system. Da lì la violenza ebbe un’escalation. Ne conseguirono giorni di aspri tumulti da parte dei britannici contro gli immigrati, che furono sedati a fatica soltanto il 5 settembre. Stiamo parlando di una delle peggiori rivolte a sfondo razziale mai scoppiate nella storia della Gran Bretagna, nella quale, tra le altre cose, la polizia non si era certo mantenuta neutrale, ma aveva addirittura ignorato, quando non proprio spalleggiato, alcuni atti di violenza da parte dei giovani bianchi.

Una manifestazione di protesta a seguito dell’omicidio
Fu per questo, per esempio, che il calypsonian Lord Invader scrisse Teddy Boy Calypso nella quale invocava pene drastiche, addirittura la “Old cat-o-nine”, la frusta a nove braccia dei tempi della schiavitù, per i componenti delle bande di razzisti che terrorizzavano la popolazione di colore residente in Inghilterra.
La nascita del Notting Hill Carnival
A partire dall’anno seguente, anche per cementare il senso di orgoglio e di unione da parte della comunità immigrata, si tenne così il primo Caribbean Carnival, organizzato il 30 gennaio 1959 da quella che è considerata la “madre del Carnival”, Claudia Jones, che veniva dal Trinidad: quella prima edizione, sebbene organizzata in luogo chiuso, fu un enorme successo e contribuì realmente a promuovere l’identità culturale caraibica nel Regno Unito.
Solo dal 1965 il Carnival divenne la vera e propria festa estiva che conosciamo, diventando il Notting Hill Carnival, con sfilate in maschera nelle strade, balli, musica e cibi tradizionali delle Indie Occidentali.

La prima edizione del “Carnival”
» Per approfondire i rapporti tra Giamaica e Inghilterra di quel periodo, leggi la storia di Duke Vin: “La polizia mi perseguitava. Un ispettore una volta mi disse che se avessi ancora una volta suonato con il sound system mi avrebbe sbattuto dieci anni in galera. Una volta un altro poliziotto con una vanga mi distrusse lo speaker dicendo che non voleva queste cose nella sua nazione. Ma, nonostante tutto, i ragazzi neri e bianchi amavano la mia musica e dicevano che non ne avevano mai ascoltata di così bella prima. Persino i Rolling Stones ed i Beatles venivano a vedermi suonare.”