Intervista alla North East Ska Jazz Orchestra

La North East Ska Jazz Orchestra al gran completo

La North East Ska Jazz Orchestra è una delle realtà più interessanti nel panorama dello ska jazz italiano. Ho parlato con loro in occasione del concerto della band ad Apani, in provincia di Brindisi, intervistando in particolare il bassista Roberto Amedeo.

Sapete di essere l’unica vera “big band” italiana, non solo attualmente, ma probabilmente nella storia? Come si fa a far nascere un feeling tale da coinvolgere 19 musicisti?

A quanto pare è davvero così, la North East Ska Jazz Orchestra è l’unica big band ska-jazz italiana. È stata un’idea folle, una bellissima sorpresa. L’idea è partita da me, dal trombonista Max e da Stefano, sassofonista. Era un periodo in cui nelle nostre zone, Pordenone ed Udine, nel triveneto, c’era tanto reggae e funzionavano molto i featuring tra cantanti. Noi eravamo un gruppo ska, ci chiamavamo The Duckers, che stava per “Allevatori di papere”, avevamo 16-17 anni. Cominciammo anche noi a provare a fare questi featuring, tra fiati e non più tra cantanti. Non sempre la cosa riusciva bene, perché 6/7 fiati sul palco “spaventavano” gli altri artisti e gli addetti ai lavori. Così decidemmo di creare una big band con una decina di fiati, ed alla fine tra lo stupore generale abbiamo trovato la disponibilità di molte persone. Da lì abbiamo cominciato, prima arrangiando brani già esistenti come quelli degli Skatalites e di Prince Buster, ma anche di Duke Ellington, Mingus ecc. Pian piano abbiamo fatto prima un video, Take Five, e a seguire abbiamo pubblicato il primo EP Music for Marikana, arrivando poi al disco che abbiamo pubblicato due anni fa. Adesso, invece, ci siamo messi sotto con dei brani originali. Gradualmente la formazione si è fissata, anche se a volte è necessario cercare dei sostituti perché è impossibile che siano sempre tutti, ognuno di noi ha degli altri progetti in corso, soprattutto i fiati che sono richiestissimi.

Credi che il contesto da cui venite sia stato importante per la nascita di un progetto così ambizioso?

Veniamo da una zona con tanto fermento, ma quando noi siamo nati lo ska stava calando, poiché stavano andando molto di più generi come reggae e dancehall. Ma negli ultimi due anni le feste e le serate nuovamente aumentando, è un buon periodo per proporre lo ska jazz.

Il vostro primo lavoro, Music for Marikana, è legato ad un progetto che riguarda l’Africa. Mi sembra un fatto significativo e vorrei dicessi qualcosa in proposito.

Dopo il video di Take Five, che ha avuto tantissimo successo, abbiamo collaborato per due anni con un’associazione di Udine che si chiama Time for Africa, a capo di un progetto davvero interessante. La prima fase di questo progetto era quella di raccogliere fondi per ricostruire scuole, impianti sportivi e biblioteche in Africa, in una zona che si chiama Marikana, come si capisce dal titolo dell’EP. Loro ci hanno prodotto il disco e noi l’abbiamo venduto devolvendo tutto il ricavato alla loro causa, riuscendo a dare un piccolo sostegno. Ci hanno dato una grossa possibilità: fino ad allora non avevamo pubblicato niente, se non un video.

In che anno tutto questo?

Eravamo nel 2013, il nostro secondo anno di vita. Avevamo già fatto un primo concerto da noi, al “Trototom”, alla “Sagra della trota”, che richiama con ironia il noto festival reggae. In quell’occasione suonammo per una mezz’oretta, anche se il primo anno di vita del progetto lo abbiamo impiegato nella ricerca della sonorità e di un repertorio alla nostra portata, rivolto a un pubblico il più vasto possibile.

Come si organizza con gli arrangiamenti la North East Ska Jazz Orchestra? Avete un arrangiatore?

Sono vari i musicisti della North East Ska Jazz Orchestra ad arrangiare i brani: Max Ravanello (trombone), Emanuele Filippi (piano), Flavio Zanuttini (tromba), Filippo Ieraci (chitarra),

In pieno stile Skatalites quindi.

Sì, diciamo che ognuno della band mette a disposizione un certo background, importanti energie e risorse personali. Si va dall’arrangiamento, alla burocrazia, all’organizzazione delle produzioni e della logistica, e così via. La mole di lavoro è enorme per un gruppo come il nostro.

Vivete di musica? Avete dei progetti paralleli?

Sì, siamo tutti musicisti, studenti o di professione, viviamo di musica tutti quanti: chi insegna, chi suona in altri progetti, anche girando molto.

Ma venite veramente tutti dal nord-est?

Negli ultimi tempi la North East Ska Jazz Orchestra è diventata un po’ meno “North-east”, ti basti pensare che nella band c’è anche un leccese come te oppure che nel tempo hanno condiviso il progetto anche due sassofonisti croati.

Come vi siete avvicinati a questo genere musicale?

Il merito principale è di un locale dalle nostre parti, il “Drugstore”, in cui sono passati tantissimi musicisti. Da Mr. T-Bone agli Skatalites passando per i New York Ska Jazz Ensemble e così via. Fummo folgorati da questa musica, e dal sogno di seguire un percorso simile al loro, sperimentato da pochissime altre realtà in Italia.

Che ne pensi dell’attuale scena ska italiana? Vedi delle energie “underground” o solo esperienze estemporanee, sparse in giro per l’Italia?

È una domanda difficilissima, ma io vedo tanto fermento. Secondo me c’è una scena ska italiana, che può esplodere e imporsi di più rispetto a quanto non ha fatto finora.

Quello che manca, forse, è una “scena” un po’ allargata che si esprima attraverso un grande festival annuale, o che sia ben rappresentata da un gruppo che ha un vero percorso, duraturo negli anni.

Capisco cosa vuoi dire, ma credo che qualcosa stia cambiando in meglio nonostante le difficoltà nell’organizzare concerti. Aggiungerei che un gran festival ska o una scena ben consolidata non saranno possibili finché non si creerà una rete, spontanea e naturale, tra i musicisti ska, gli addetti ai lavori, gli appassionati e tutti insieme collaboreranno verso un’unica direzione.

Ritornando al vostro lavoro in studio, mi pare che Stompin’ & Rollin’ sia stato un ottimo esordio, e che sia stato apprezzato.

Sì, e l’abbiamo finanziato con un crowdfounding che ha avuto un ottimo riscontro da parte del pubblico che ci ha sostenuto, abbiamo addirittura raggiunto il 130% dell’obiettivo, ed onestamente non ce lo aspettavamo. Grazie al crowdfounding sono nate tante collaborazioni, abbiamo ottenuto degli sponsor e conosciuto gente grazie a cui riusciamo a portare in giro uno spettacolo completo che non si ferma alla musica. Con Stompin’ & Rollin’ è stata la prima volta in cui come North East Ska Jazz Orchestra siamo andati a registrare tutti insieme nella stessa stanza, lo Studio Jork a Dekani, paesino nei dintorni di Koper (Capodistria, Slovenia), vicinissimi all’Italia. Abbiamo scelto un luogo che potesse ospitarci tutti per suonare in presa diretta, che disponesse di una buona acustica e di attrezzatura analogica e di alta qualità.

Avete davvero registrato tutto in presa diretta?

Abbiamo registrato tutte le parti della big band (sezione ritmica e sezioni fiati) in presa diretta a metronomo, per poi sovraincidere le voci e alcune parti di percussioni e fiati.

La copertina di Stompin’ & Rollin’ della North East Ska Jazz Orchestra

Stompin’ & Rollin’

Questo disco era solo di cover, una bella prova che dovrebbe essere confermata da un lavoro fatto di inediti.

Infatti nell’ultimo anno abbiamo cominciato ad inserire nella scaletta dei brani originali per cominciare a farli “rodare”, per provare l’alchimia della band sui singoli brani prima di registrarli. È un bel cambiamento per noi.

Sarà un grosso passo avanti dal mio punto di vista, che potrebbe valorizzarvi definitivamente. Uno dei limiti della scena ska italiana, in effetti, è l’eccessiva presenza di cover nelle scalette delle band, o nei loro album.

Vero, è un passo importante, ed è anche vero quello che dici sulla presenza di cover. Ora che il progetto si sta facendo apprezzare è il momento di far conoscere la North East Ska Jazz Orchestra, la nostra musica e la sua ancora viva originalità, i contenuti e i valori che vogliamo trasmettere.

Ci sarà un nuovo album quindi?

In autunno andremo a registrare, quindi direi che per il 2018 avremo un nuovo disco da far uscire. E inoltre abbiamo già registrato due brani con due featuring importanti di cui a breve uscirà un sette pollici pubblicato da Brixton Records, due pezzi originali. Uno con Fred Reiter, sassofonista dei New York Ska Jazz Ensemble, un altro con David Hillyard degli Slackers.

Come avete fatto a trovare dei featuring così interessanti?

Max Ravanello, il nostro trombonista, lo scorso inverno ha fatto la tournée europea con i New York Ska Jazz Ensemble, fu chiamato a sostituire il trombonista della band; proprio quella fu l’occasione per conoscere Fred e tutta la sua compagnia. Per quanto riguarda Dave, ci siamo conosciuti in un locale di Berlino lo scorso anno in occasione di un concerto dei suoi The Slackers.

La North East Ska Jazz Orchestra appare come una band molto più organizzata della media, ed in effetti arrivate alla terza produzione in pochi anni. È un bel risultato: sicuramente non siete un gruppo che si sottovaluta.

Siamo un po’ più metodici forse, ci piace porci degli obiettivi, capire chi siamo, provando anche ad “alzare l’asticella” quando è il caso, cercando sempre di ottenere le condizioni ottimali per poter suonare.

Per quanto riguarda i live, come procede?

Ad Aprile abbiamo fatto due settimane di tour, in Francia ed in Olanda, per un totale di 7mila km. Per l’estate abbiamo varie date nel triveneto e nord italia (Camogli, il 25 agosto) e andremo in Francia a metà agosto insieme ai Wicked Dub Division, dub band con la quale stiamo collaborando nell’ultimo periodo.

È interessante vedere che nella vostra band ci siano ben tre cantanti.

Già, sono tre, con alle spalle percorsi anche molto differenti. Michela che viene dal dub ma canta molto bene anche il jazz, Rosa che è molto più giovane e viene da ascolti quali black music e soul, ma anche quella più british come Amy Winehouse. Infine abbiamo Freddy Frenzy, che è il nostro componente più anziano, ma non certo nello spirito.

Quanti sarete questa sera?

18!

Quindi c’è una buona corrispondenza tra la formazione live e quella in studio.

Sì, la formazione è quella e l’organico rimane invariato. Saremmo in 19 ma per i viaggi lunghi come oggi ci tocca sacrificare il percussionista.

Come fate a muovervi in un numero così? È un po’ come essere una squadra di calcio.

Due furgoni a nove posti, all’arrembaggio!

» Leggi il live report del concerto della band a Brindisi: “Mi auguro che progetti come questo si affermino sempre di più per riconnettere, o forse creare per la prima volta, un’autentica e fresca scena ska italiana fatta di musicisti competenti ed appassionati, con più solidi rapporti con il mondo del jazz e del rhythm’n’blues.

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