Lo Ska degli anni ’80 raccontato da Piddu

Lo Ska negli anni '80 raccontato da Piddu

Un’intervista a Francesco Piddu Arnaudo, storica figura della scena ska italiana che ci ha descritto la scena degli anni ’80.

Nella seconda metà degli anni ’80, nella musica ska, c’è stato un momento molto affascinante, fugace ma dalle solide radici, collocato cronologicamente a metà strada tra il 2 Tone (che nel frattempo aveva già estinto la sua forza vitale) e la Third Wave (che è stato un fenomeno prettamente anni ’90). Molte band di questo periodo sono erroneamente accomunate all’una o all’altra “scena”, pur non avendone i requisiti né cronologici né stilistici. Certo il confine è labile, non solo perché le definizioni possono essere fatte solo ex-post, ma anche perché molti dei protagonisti hanno attraversato ciascun periodo con diversi progetti ed incarnazioni artistiche.

Abbiamo cercato di ricostruire questa fase importante e per certi versi ri-fondativa della musica ska, ridandole dignità, facendoci guidare da chi ha vissuto in diretta quegli anni. Francesco “Piddu” Arnaudo, uno dei massimi esperti in materia in Italia, storico dj e collezionista di musica giamaicana, organizzatore di eventi e promotore instancabile della cultura in levare.

 

Ciao Piddu. Cominciamo la nostra chiacchierata restringendo il campo, chiarendo l’argomento della nostra conversazione: lo ska “post-2 Tone” e “pre-3rd wave”. Cosa, in linea generale ed introduttiva, oltre al mero dato temporale, lo definisce stilisticamente e come attitudine?

Il tutto nasce, secondo me, da due fattori: il forte riflusso a livello mondiale dell’esplosione delle band 2 Tone e un periodo di morta, indicativamente fra il 1982 ed il 1985, in cui la maggior parte dei gruppi storici del 2 Tone sound modificarono lo stile, si sciolsero, implosero.  Verso il 1986 iniziarono a comparire molte band ispirate dai suoni 2 Tone che furono, contemporaneamente, le prime che tentarono un approccio a sonorità più roots (nel senso di original ska): tra questi i grandi Potato 5 (con Laurel Aitken e Floyd Lloyd) e The Trojans, forse in seguito alla reunion degli Skatalites con l’album The Return Of The Big Guns del 1984. Come accennato in precedenza, secondo me, il resto fu un’ovvia continuazione di ciò che band come Madness, Selecter, Specials, Bad Manners avevano seminato fra il 1979 ed il 1982 (nei Potato 5 militò un ex-Selecter e nelle Deltones una ex-BodySnatchers).

“Ska Explosion”, The Potato 5 & Floyd Lloyd

A livello di stile e di attitudine, ovviamente, erano ancora chiari i riferimenti al 2 Tone sound, ma con il tentativo (in molti casi riuscito) di renderlo più pulito e, nel contempo, più potente, dando molta importanza, ad esempio, alle sezioni fiati e ad una ritmica talvolta molto serrata (soprattutto in tante produzioni tedesche). L’iconografia era chiaramente ispirata al “rudeboy english style” (loafers o boots, Pork Pie, Fred Perry, etc), con un forte richiamo ai rude boys, agli skinheads ed ai mods. Per fortuna furono pochissimi i riferimenti alla politica o a tematiche demenziali, come, invece, ahimè, avvenne qualche anno dopo.

Verso il 1990/91 aumentarono le band che tentavano, spesso con ottimi risultati, di rifarsi a stilemi più “oldies” (ska, rocksteady e early reggae): fra tutti i grandiosi 100 Men (nei quali militò Mik Whitnall, ex-Skin Deep e futuro Babyshambles), seguiti dai primi passi di Intensified, degli statunitensi Jump With Joey e dai giapponesi Ska Flames e The Determinations. Mentre le band 2 Tone rivisitavano con il loro stile i classici giamaicani, molti nuovi gruppi decisero di far riferimento direttamente alla scuola di Kingston.

Fu un periodo davvero emozionante, che si può ritenere terminato verso il 1993-94, quando iniziarono a comparire da una parte i primi incroci fra ska e punk e ska e hardcore, dall’altra il trionfo dei suoni original; il boom fu, comunque, fra il 1988 ed il 1991.

Fortunatamente molte delle band che citerò nell’intervista esistono tuttora o si sono negli anni riformate o evolute in progetti paralleli.

Ovviamente questa rinascita partì dalla Gran Bretagna, culla della sottocultura rude boy e storica enclave giamaicana nel Vecchio Continente, dove fondamentale fu la figura di Gaz Mayall, come musicista, produttore, stimolatore culturale.

Inevitabilmente la culla di questo movimento fu l’Inghilterra e una delle figure chiave fu per l’appunto quella di Gaz, con la nascita della sua label Gaz’s Rocking Records nel 1986. All’epoca erano famose le sue cassettine su cui il nostro registrava le sue chicche ska e rocksteady (i Casino Royale ne sanno qualcosa). I Trojans furono sicuramente tra i gruppi di punta del periodo, molto prolifici e pure originali, con i loro chiari riferimenti alla musica celtica (ritengo i loro primi tre album fondamentali).

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Gaz Mayall con Prince Buster

Pochi anni dopo ci fu l’esplosione della label Unicorn, in prima battuta dedita a sonorità mod, che “globalizzò” questa nuova ondata ska (a discapito, però, di parte dei musicisti o produttori, che improvvisamente verso il 1991 vennero beffati dal proprietario Mark Johnson che fuggì in Turchia con tutto il denaro), producendo band da tutto il mondo (Uk, Italia, Olanda, Germania, Francia, Australia, Usa, etc.). Mi ricordo che si attendevano sempre con trepidazione le nuove uscite, con la consapevolezza che si sarebbe trattato di materiale ottimo (mi piace rimembrare sul finire dell’epopea dell’etichetta l’album d’esordio in studio degli Hotknives, che già avevano all’attivo due album live).

Parallelamente, sempre in Uk, nacquero anche le etichette Skank, Staccato e Ska’ Rec.

La Skank Records fu forse la vera “rivale” della Unicorn, grazie a produzioni di band in buona parte inglesi (a parte Mark Foggo, gli australiani Off The Shelf e ristampe di album di Prince Buster), come i grandi Natural Rhythm, The Loafers (nei quali militarono futuri membri di Bakesys, Pama International, Big Boss Man, Bongolian), The Riffs, etc. Buone anche le compilation con gruppi di tutto il mondo, come gli australiani The Allsorts (che pubblicarono in patria anche un buon album). Suo merito fu anche quello di rivalutare Arthur Kay, bassista con collaborazioni Oi! e session man negli anni ’70 presso la Trojan, autore in periodo 2 Tone di un paio di singoli davvero piacevoli.

La Staccato ebbe un catalogo più limitato, ma dovrebbe essere ricordata con i massimi onori per aver editato uno dei più grandi album dell’epoca, High And Dry dei Maroon Town (che ebbi la fortuna vedere live a Torino nell’autunno del 1990), con il loro formidabile mix di ska, reggae e funk (in pieno parallelismo con la nascita dell’Acid Jazz). Per il resto pubblicò materiale di The Loafers e di Ska Boom.

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“High And Dry” dei Maroon Town, 1990

La Ska’ Rec’, gallese, si occupò maggiormente di pubblicare produzioni americane, fra le quali primi materiali dei Toasters, i primi due favolosi album dei Bim Skala Bim (che già collaboravano con Roland Alphonso), l’album dei Boilers, nei quali militava un giovane King Django pre-Skinnerbox. Non va dimenticato, in ambito Uk, il bel 12” dei Rude Boys di Roddy Moreno, in puro stile Blue Beat.

Discorso a parte, forse, merita il discorso della Blue Beat Records, acquistata da Fatty dei Bad Manners; servì per far uscire le produzioni dei Bad Manners e dei loro progetti paralleli (fra i quali il primo album di King Hammond aka Nick Welsh, che nel frattempo diventò anche il bassista della storica band 2 Tone, in pieno declino dopo una svolta commerciale e una serie di diatribe con la casa discografica e diede anche l’input per la rimessa in moto dei Selecter) ed un tot di vinili house-ska (il cosiddetto Skacid).

Progetto particolare fu quello dei Nutty Boys, autori di un album e di un singolo, formati da Chris Foreman e Lee Thompson dei Madness, con sonorità molto English e chiaramente ispirate dai “magnifici 7”.

Ed i “padri” Giamaicani in tutto ciò furono coinvolti in prima persona oppure restarono solo fonte d’ispirazione registrata su vinili vecchi di 20-25 anni?

Come detto in precedenza, penso che il ritorno in studio degli Skatalites in parte favorì questa rinascita musicale (basta pensare al brano Tribute To The Skatalites dei Busters, rifatta su Big Trombone, omaggio a Don Drummond da parte di Roland e soci, con la voce di Lord Tanamo) e, cosa fondamentale anche per il sottoscritto, creò le basi per ampliare conoscenza e ricerca sulle vere origini dei suoni giamaicani.

Nel periodo in questione, molte vecchie glorie non rimasero con le mani in mano, anzi vennero giustamente coinvolte in nuove avventure e nuove registrazioni: in primis Laurel Aitken, che ebbe una seconda giovinezza (registrò materiale con la propria band Pressure Tennants, con i Loafers, i Potato 5, The Busters, No Sports e si esibì anche in Italia utilizzando come backing band i Casino Royale), seguito in seconda battuta da Derrick Morgan (con nuovo materiale su Unicorn ed un grandioso album con i tedeschi Yebo) e da Prince Buster, invitato al London Ska Festival (esistono anche alcuni album live che testimoniamo un paio di edizioni di questa kermesse), per esibirsi con The Trojans; proprio con questi ultimi registrò alcuni nuovi brani, usciti per la Gaz’s Rocking.

Gli stessi Trojans coinvolsero su un paio di brani anche il buon Rico Rodriguez.

In ultima battuta, va anche ricordato che nel 1993 Desmond Dekker (dopo essere stato “riscoperto” in piena epoca 2 Tone) incise un album con alcuni ex-Specials, su Trojan Records.

Ma dopo Londra, questo periodo rappresentò il primo caso in cui lo ska, anche come movimento, raggiunse l’Europa ed il mondo, dato che fino al periodo 2 Tone era stato un fenomeno prettamente British. Analizziamo la situazione paese per paese, partiamo dalla Germania e le sue immense band.

La Germania fu, forse, la patria delle band che maggiormente incarnarono lo spirito di questo ska revival, grazie alla promozione ottenuta dalle produzioni Unicorn ed alle autoctone Pork Pie e Rude Records.

I gruppi di punta furono, a mio parere: The Busters, No Sports (il loro primo album fu per me un’esplosione sonora ed emotiva), Skaos, The Frits (che fecero pure da spalla agli UB40), The Butlers, Blechreiz, The Braces ed i fantastici El Bosso & Die Ping Pongs (con la presenza di un giovane Dr. Ring Ding).

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El Bosso & Die Ping-Pongs

Ricordo con piacere anche The Lodgers, Blue Chateau (tre dei quali fondarono nel, 2002 i Jonkanoo), i grandi Messer Banzani (provenienti dall’ex DDR, con sonorità molto originali, sfociate poi negli anni in reggae e ragga; il decennio scorso un paio di loro divennero produttori  fondando l’etichetta Germaican Records, dedita a creazione di riddims reggae e dancehall, fra cui il classico “Doctor’s Darling”), The Blue Beat e Yebo (con uno splendido album di standards trad ska e uno con Derrick Morgan); in questi ultimi militava un futuro Seeed.

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The Busters

Verso i primi anni ’90 fecero parlare di sé anche gli Ngobo Ngobo (davvero piacevoli, ebbi la fortuna di organizzare un loro mini tour in Italia nel ’94) e gli Engine 54 (il loro primo album, preceduto da un grande singolo, è una bomba trad ska e rocksteady, con sonorità molto originali).

Anche l’Olanda e tutto il Nord Europa espressero validi musicisti, pensiamo solo a Mark Foggo.

Sì, anche se, a onor del vero, Mark Foggo è di origine inglese, pur essendosi trasferito ad Amsterdam verso il 1979. Incise, tra l’altro, i suoi primi materiali ska in pieno periodo 2 Tone. Esplose poi definitivamente dieci anni più tardi con l’album Ska Pig su Skank Records; una vera e propria bomba piena di energia e umorismo.

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Mark Foggo

Altra band imprescindibile proveniente dal paese dei tulipani sono i Mr. Review; il loro primo album, uscito su Unicorn, è sicuramente una delle pietre miliari dell’epoca, contenente dei veri e propri anthems.

In quegli anni mossero i primi passi anche altri gruppi, quali Let’s Quit, The BeatBusters e Rudeness Empire.

Per quanto concerne il Nord Europa, non si possono non citare i fondamentali Napoleon Solo, dalla Danimarca, con il loro grande mix di ska e soul. Il loro 12” (seguito da un album) fu prodotto da Fatty dei Bad Manners.

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I Napoleon Solo

La Francia ed i Paesi iberici?

La Francia propose alcune band notevoli (il tutto si può trovare sulle compilation Kompil’ Ska Paris e Vive Le Ska), fra le quali spiccavano Les Frelons con un 7” ed un Lp all’attivo molto validi (usciti su Squale Rec, che produsse anche un album ed una manciata di singoli dei Bad Manners), La Marabunta, Les Internés ed i miei preferiti, Verska Vis, che purtroppo incisero pochissimo materiale, a causa della morte improvvisa del cantante.

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“Vive le Ska”

La scena spagnola si sviluppò leggermente più tardi, a parte il primo album degli Skatalà che però mescolava ancora ska con Oi e punk. Fondamentali sono le due compilation Latin Ska Fiesta e Latin Ska Fever, rispettivamente del 1990 e 1991, con le prime incisioni di Dr. Calypso (mitici!), Guaki Taneke (poi Malarians), Komando Moriles. Il movimento crebbe negli anni a venire grazie al primo album dei Dr. Calypso, al secondo ed al terzo degli Skatalà, ai Banana Boats, ai già citati Komando Moriles ed ai PK2.

Una menzione a parte per gli svizzeri The Ventilators, che fecero uscire il loro primo album nel 1993: una band veramente grandiosa che rappresentò ottimamente il passaggio fra il suono 2 Tone e quello più tradizionale.

E gli Usa?

Ovviamente nemmeno gli Stati Uniti potevano esimersi dall’esprimere band sul genere. I più famosi sono ovviamente i The Toasters, fondati e capitanati da Bucket (boss anche della famosa label Moon Ska) che incisero il primo materiale, con il nome Not Bob Marley, nel 1983. E’ importante ricordare che nel 1985 uscì anche l’ottimo album Wild Child di The Untouchables, con il loro piacevolissimo mix di ska, reggae e soul.

Altri nomi di band statunitensi da citare con affetto sono The Scofflaws (con al basso Victor Rice) – una delle migliori esibizioni live che io abbia visto -, Liquidators, NY Cityzens, Donkey Show (con un giovane David Hillyard), Let’s Go Bowling e, ovviamente, i fondamentali Hepcat, che proprio su Moon Records nel 1993 editarono il loro primo album (uno di quelli che mi hanno cambiato la via, come si suol dire…), preceduto 3 anni prima da un 7”.

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Gli Hepcat

Da scoprire, per chi non li conoscesse bene, anche i californiani Jump With Joey con il loro original ska e rocksteady molto influenzati da sonorità latin e swing: sono una delle mie band preferite.

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Jump With Joey, “Ska-Ba”, 1991

E lo ska raggiunse anche il Giappone che si impose come uno dei luoghi mondiali più autentici in fatto di passione e ricerca. Non possiamo non ricordare l’importantissimo il lavoro riproposizione quasi filologica del sound degli Ska Flames.

Sì, anche se secondo me, lo ska in Giappone arrivò in maniera diversa. A differenza dei coetanei europei, i giovani giapponesi amanti dei suoni in levare fecero sempre più riferimento alle sonorità originali, con una vera e propria devozione nei confronti di Prince Buster, bypassando i suoni del 1979/80.

Riguardo il periodo in questione è difficile trovare band del Sol Levante con sonorità 2 Tone o post-2 Tone (a parte forse i primi lavori di Tokyo Ska Paradise Orchestra, il cui primo album risale al 1989).

Ovvio che Gaz Mayall rimase colpito da una band come The Ska Flames con la loro riproduzione fedele alle sonorità della Kingston anni ’60, tanto da produrre il loro primo Lp e portarli in tour in Uk. I due album successivi (1993 e 1995) sono persino migliori e fondamentali per chi in quegli anni ha scoperto ciò che stava cronologicamente alle spalle di band come Madness, Specials, Beat, etc.

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The Ska Flames

Sempre verso il 1990, esordirono anche The Determinations, assolutamente essenziali e sempre legati ai polverosi ed epici suoni della Giamaica appena emancipatasi dalla colonizzazione inglese.

E le band italiane?

Anche l’Italia fu molto attiva in questo periodo, con piccole avvisaglie negli anni precedenti: nel 1981 uscì il primo 12” dei The Surprize con sonorità molto legate a The Beat e nel 1988 il 7” dei friulani Mad Joke; nello stesso anno uscì anche il primo singolo dei Casino Royale e nulla fu più come prima. Nel frattempo anche la ex-punk band bolognese Irah (o Irha) si fece contagiare, facendo uscire un 12” dub ed un 7” ska.

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“Soul of Ska” dei Casino Royale, 1988

Grazie anche alla possibilità offerta dalla Unicorn, lo ska italiano riuscì prepotentemente a farsi conoscere nel mondo con i sopracitati Casino Royale (boys che sapevano veramente suonare, tuttora ricordati come tra le migliori ska band europee fra il 1989 ed il 1990, anni in cui vennero sfornati i loro primi due album), gli Spy Eye, i romani Downtowners. Impossibile poi non parlare dei ferraresi Strike con il loro album Scacco al Re che allora consumai avidamente.

Decisamente un paio di gradini più sotto i romani Mobsters e Strange Fruit…ma si era già verso la fine del triennio d’oro, almeno per quanto concerne l’Italia.

L’influenza di queste band fu fondamentale per lo sviluppo della scena ska italiana a venire (proprio nel 1990 incisero il primo vinile i Persiana Jones, con ancora il suffisso “E Le Tapparelle Maledette”), anche se forse non si è più raggiunto l’apice ed il fermento di quegli anni.

Nel 1993 uscì la compilation Skandalo Al Sole, con l’intento non del tutto riuscito di fare una panorama della band ska italiane in attività: pochi i brani che si salvano, su tutti Loop Paper dei Downtowners.

Mi ricordo che verso il 1999, quando la Moon Ska Records era in piena esplosione, tanto da inaugurare una “succursale” europea, venni contattato per raccogliere materiale e curare una compilation di ska italiano…purtroppo, alla fine, non se ne fece più nulla, in quanto ci furono problemi di gestione fra le “due” Moon. Lo so, ciò non riguarda il periodo trattato in questa intervista, ma è pur sempre un ricordo per me piacevole, anche se non sfociò in qualcosa di concreto, nonostante avessi già raccolto tutto il materiale sonoro.

Attraverso quali canali hai approfondito in tempo reale quel suono, che ti ha portato ad una passione viscerale ed anche ad un attento lavoro di ricerca nella musica giamaicana?

La mia passione per la musica nasce già durante gli anni delle elementari. A 9 anni mi feci regalare dalla nonna i seguenti Lp: La Voce del Padrone di Battiato, Man Machine dei Kraftwerk e Cathode Mama dei Krisma. Rimasi, come molti altri, colpito dall’esibizione dei Bad Manners al Festival di Sanremo del 1981, durante la quale Fatty, sulle note di Lorraine, fece uno spogliarello, mostrando al termine del brano una parte del suo culetto liscio al pubblico allibito. Ovviamente trovai quel suono molto interessante, avendolo già orecchiato alla radio, dove spesso passavano i Madness.

Dopo un periodo di sana “tamarria” dedicata all’Italo Disco imperante nei primi anni ’80, in prima superiore un amico mi prestò il primo album dei Clash ed il primo dei Madness. La rabbia adolescenziale mi convogliò subito sul punk e sull’Hc (“attivandomi” anche da un punto di vista politico), ma, dopo pochi anni, ripresi in mano i Madness e, ascoltando, Nighboat To Cairo, rimasi totalmente folgorato, tanto da pensare “ho trovato la musica della mia vita!”. Volli, inevitabilmente, esplorare quelle sonorità, ma all’inizio non fu facile. Si poteva trovare ancora qualcosa di 2 Tone, pur essendo il boom terminato almeno da un lustro (tenendo, inoltre, conto che sono di Cuneo e allora non esisteva la praticità e comodità di internet). Fortunatamente poco dopo iniziarono a circolare i primi album della nuova ondata ska, abbastanza reperibili in un negozio a Torino (mi ricordo che il primo che acquistai fu la compila Skankin’ Around The World 2). Negli stessi mesi ebbi la fortuna di assistere ad un concerto dei Casino Royale in un piccolo club a pochi chilometri da casa. Era appena uscito il loro album su Unicorn: da allora nulla fu più lo stesso!

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Francesco ‘Piddu’ Arnaudo

Nel 1990 iniziai anche propormi sporadicamente dietro una coppia di Technics, con la mia piccola collezione di ska, avevo 19 anni, era tutto pioneristico (anche a livello di genere proposto, che in alcuni “luoghi” chiusi mentalmente veniva infantilmente collegato a cultura di destra: mi ricordo di un idiota “alternativo” che mi voleva prendere a calci in quanto indossavo una polo Fred Perry), ma fantastico ed adrenalinico.

Come accennato in precedenza, fu immediato per me, verso i primi anni ’90, iniziare ad esplorare i suoni delle origini, soprattutto dopo l’uscita del primo album degli Hepcat e dopo aver assistito ad un formidabile concerto degli 100 Men a Torino (siamo nel 1993, se non vado errato…). Tramite alcune fanzine, riuscii ad entrare in possesso di cataloghi inglesi che vendevano ska, rocksteady, early reggae, etc. Molti si basavano su aste, quindi era tutto uno sfacchinare dietro caselle postali, telefonate impossibili e fax. Fortunatamente i prezzi erano assolutamente abbordabili e riuscii a comprare dischi che ai giorni nostri non mi potrei più permettere (pagandoli con vari risparmi personali, senza dipendere dalla mia famiglia di umili e semplici origini).

Avendo una formazione ed una forma mentis da archeologo (“mancato”), fu consequenziale per me iniziare a esplorare i vari stili jamaicani (roots, dub, rub a dub, digital, ragga, dancehall, etc) trattandosi di un genere (o svariati generi) che ha un continuum filologico, basti pensare a tutta la questione riddims. Il mio vero ed unico amore rimangono comunque lo ska, il rocksteady e l’early reggae: ho trascorso buona parte degli ultimi anni ad implementare la mia collezione di dischetti datati anni ’60 o ad essi facenti riferimento; tuttavia non ho mai smesso di acquistare dischi di band che propongono le sonorità trattate in questa intervista e grazie allo sviluppo di internet tutto ciò è diventato molto più facile e immediato (non è più necessario aspettare news da amici residenti in Uk o l’uscita delle varie fanzine).

Per anni ho avuto la possibilità di far parte della direzione artistica del festival estivo “Nuvolari Libera Tribù” di Cuneo, fatto che mi ha permesso di togliermi alcune belle soddisfazioni a livello di organizzazione di concerti di band a me care, anche se solo alcune facenti parte dello stile fine anni ’80/inizio ’90 (mi sovvengono: Mr Review, Toasters, Hot Knives). Dal 1992 al 1994 ho anche condotto un programma radio (“Nutty Sounds”) su Radio BlackOut di Torino. Inoltre ho avuto la fortuna di aprire o chiudere con un mio dj set concerti di molte ska bands.

Tornando quegli anni favolosi, ricordo di aver visto live: Casino Royale, Laurel Aitken, Maroon Town, Strike, Blechreiz, No Sports, The Busters, Dr Calypso, Hepcat, Toasters, Mark Foggo, The Trojans, etc.

 

PLAYLIST

NO SPORTS “Rudy”

MR. REVIEW “Another Town”

NAPOLEON SOLO “Always Friday”

VERSKA VIS “Go Out Anymore”

CASINO ROYALE “Someone Says”

BAD MANNERS “Memory Train”

LES FRELONS “Tous Les Matins”

STRIKE “Conta Su Di Me”

THE BUSTERS “Their Game”

MAROON TOWN “Average Man”

MARK FOGGO “I Spy”

BLECHREIZ “Ska Fish”

SPY EYE “These Boots Are Made For Stompin’”

BIM SKALA BIM “The Key”

DR. CALYPSO “Mr. Farlops”

EL BOSSO UND DIE PING PONGS “Al Capone”

100 MEN “Yeah Yeah Girl”

SKA FLAMES “Ghost Rider”

THE TROJANS “Sweet Song For You”

THE DOWNTOWNERS “Freedom Song”

THE FRITS “Where You Gonna Run”

SKAOS “Better Beware”

THE TOASTERS “Ploughshares Into Guns“

LAUREL AITKEN “Sally Brown”

MESSER BANZANI “Perfect Stomping”

POTATO 5 “Jesse Jackson”

THE FOREST HILLBILLIES “The Munsters”

THE RUDE BOYS “Ska Fever”

THE DELTONES “Lemon Squeezy”

BLUE CHATEAU “Steps In The Alley”

THE BRACE “Too True To Be Good”

YEBO “Miss Ska-Culation”

PRINCE BUSTER AND THE TROJANS “President Botha”

NATURAL RHYTHM “People Unite”

THE BUTLERS “Rhythm Of Ska”

THE VENTILATORS “Sweet Lady”

HEPCAT “Dance Wid’ Me”

JUMP WITH JOEY “Move Your Body”

THE SCOFFLAWS “Paul Getty”

THE LODGERS “Do The Right Thing”

THE RIFFS “Monday Morning”

HOTKNIVES “Don’t Go Away”

Piddu 

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