Fine anni ‘40. Nella Gran Bretagna post-bellica, bisognosa di braccia e di menti per la ricostruzione e per la ripresa economica, sbarcavano le prime ondate di emigranti dalle colonie delle cosiddette “Indie Occidentali”. Duke Vin era tra questi. I migranti portavano appresso il retaggio delle proprie vite precedenti, il gusto per i cibi caraibici, il suono della loro musica, cercando di ricreare tutto questo nella loro nuova casa. Nelle loro terre d’origine pochi giamaicani potevano permettersi una radio. Il centro e punto focale della loro cultura musicale erano i selecter, i dj ed i sound system che davano loro, in cambio di qualche dollaro, quello di cui avevano bisogno dopo una settimana di sudore e fatica: divertimento, balli sfrenati fino al sorgere del sole e buone vibrazioni. Si ascoltava soprattutto jump blues nero-americano, il jazz delle big band ed i ritmi “latin”.
Anche nella vecchia e conformista Gran Bretagna, i weekend iniziarono ad animarsi. Prima con le blues dance o i shebeens (vere e proprie feste danzanti organizzate nelle abitazioni private) e successivamente con la nascita dei primi club, un angolo di Giamaica nelle fredde notti inglesi. Queste prime nottate erano organizzate da due personaggi già all’epoca leggendari: Count Suckle, fondatore a Londra del Cue Club a Paddington, e dal selecter Duke Vin.
Entrambi, secondo la leggenda da loro stessi narrata, arrivarono in Gran Bretagna a bordo di una canoa nel 1954. Duke Vin, al secolo Vincent Forbes, in realtà, arrivò in Europa da clandestino e nei primi tempi lavorò come operaio ferroviario guadagnando meno di 5 sterline a settimana, vivendo nel sobborgo sottoproletario di Notting Hill. Duke Vin aveva, inoltre, già lavorato regolarmente e con successo nel pioneristico music business in Giamaica, come selecter presso il sound system di Tom “The Great Sebastian” Wong, spalla a spalla con il dj Count Machuki che sfoggiava il suo fluente jive talkin’, antenato nero-americano di quella che si sarebbe poi sviluppata come la tecnica giamaicana del toasting.
Come egli stesso disse: “quando arrivai qui la gente era diffidente, non sapevano proprio cosa fosse un sound system”. Più avanti, nel corso della propria vita e della propria attività di selecter, è diventato una figura quasi mitologica presso la comunità caraibica in Gran Bretagna. Con la propria collezione di 78 e 45 giri, infatti, si fece un nome anche nelle notti londinesi. Suonò dapprima nelle feste in casa che duravano anche fino a mezzogiorno, fino all’arrivo della polizia. Successivamente divenne resident del Cue Club di Counte Suckle, infine fondò e si costruì il proprio sound system.
“La polizia mi perseguitava. Un ispettore una volta mi disse che se avessi ancora una volta suonato con il sound system mi avrebbe sbattuto dieci anni in galera. Una volta un altro poliziotto con una vanga mi distrusse lo speaker dicendo che non voleva queste cose nella sua nazione. Ma, nonostante tutto, i ragazzi neri e bianchi amavano la mia musica e dicevano che non ne avevano mai ascoltata di così bella prima. Persino i Rolling Stones ed i Beatles venivano a vedermi suonare.”
Con il sound system e con i suoi dischi, iniziò a partecipare ai primi pionieristici sound clash, sfidando a colpi di rarità discografiche gli altri sound nascenti, come quello di Count Clarence e dello stesso Count Suckle, sbaragliando puntualmente i propri avversari. “Non sono mai stato battuto in un clash, nemmeno una volta”, dichiarò.
Le sue serate, tra gli anni ‘50 e i ‘60, si tennero in alcuni noti club underground di Londra: Flamingo, Marquee, Roaring Twenties, Cue Club. Le serate erano affollatissime, il pubblico non era composto solo da immigrati giamaicani, ma anche da ragazzi inglesi che trovavano quelle feste eccitanti e folgoranti. I ragazzi inglesi potevano ballare fianco a fianco con degli uomini dalla pelle nera (non ne avevano mai visti prima!), apprezzandone lo stile, ascoltando i brani dei loro idoli del R’n’B afroamericano (Fats Domino, Chuck Berry, Joe Turner, Whynone Harris, Ray Charles, ecc).
Nel frattempo, in Giamaica stava nascendo un’autoctona industria discografica. Vedevano la luce le prime band, si affermavano i primi cantanti e le prime star, che suonavano una strana ed elettrizzante forma di R’n’B che si sarebbe poi evoluta nel più maturo ed originale ska. I primi pezzi di produzione giamaicana che Duke Vin suonò sul proprio sound furono Boogie in my bones di Laurel Aitken ed Eastern Standard Time di Don Drummond: “quando suonai quei dischi al Flamingo, i ragazzi impazzirono!”.
Alla fine degli anni ’60 fu anche arrestato con l’accusa di sfruttamento della prostituzione, dichiarandosi innocente. In carcere studiò la propria discendenza dai Maroons, la comunità di schiavi giamaicani che a metà del XVIII secolo si ribellò alla Corona Inglese, resistendo alle sue truppe. Andò sempre fiero di quest’eredità. Uscito di galera Duke intraprese una causa contro il governo britannico sostenendo che, secondo il trattato che i Maroons strinsero con la Corona nel 1739, ed essendo egli stesso un Maroon, fosse esente dal pagamento delle tasse. Sorprendentemente vinse la causa e, con i soldi che gli furono restituiti, Duke Vin costruì un sound system più grande e si comprò una casa.
Negli anni ha continuato a portare i suoi dischi in giro per tutto il Regno Unito e per l’Europa, riproponendo i suoni di quegli anni d’oro. Su Duke Vin, vero pioniere ed eroe misconosciuto della musica giamaicana, circolano molte leggende. Si dice, per esempio, che abbia posseduto la più grande collezione di dischi giamaicani del mondo o che sia l’unico a possedere l’unica copia originale di The Tickler, un reggae prodotto e cantato da Derrick Harriott.
Recentemente aveva dichiarato, a proposito del carnevale di Notting Hill, di cui è stato uno dei fondatori: “la gente ama la mia musica ed infatti non c’è niente come il Carnevale. Gente di tutte le nazionalità vengono ad ascoltare e ballare la mia musica. Amo tutto questo. E’ innato in me, lo tengo nel sangue, è la mia vita. Solo la morte mi farà andare in pensione.”
Morte che, purtroppo, è arrivata. Duke Vin se n’è andato il 3 novembre del 2012, dopo una serie di infarti, in un letto d’ospedale. E’ morto a 84 anni, pochi giorni dopo la sua ultima serata.