Natale 2 Tone con Beat e Selecter: live report

18 dicembre 2016. Racconto del live di due leggende della 2 Tone: The Beat e The Selecter al 2 Tone Christmas di Coventry.

Troppa pressione. Niente descrive meglio di queste parole l’avvicinamento ad un concerto che aspettavo da anni. Perchè pur avendo già visto i Beat e i Selecter in Italia, due delle più grandi band della scena 2 Tone, vederli in Inghilterra, nel loro habitat naturale, è stata tutta un’altra esperienza.

Inutile dire quello che ha rappresentato questa musica quando è nata tra la fine degli anni Settanta e al culmine della sua popolarità all’inizio degli anni Ottanta. L’unione dello ska originale giamaicano e il punk rock/new wave inglese, non ha significato solamente una maggiore popolarità del genere. Ha significato antirazzismo. Un messaggio politico fondamentale che Beat e Selecter, insieme agli altri gruppi 2 Tone, hanno dato con la loro musica, i loro testi e con la composizione dei loro gruppi, sempre numerosi e multietnici. Tutto questo nell’Inghilterra di fine anni settanta, fatta di disoccupazione e disordini razziali. Tutto questo nasce a Coventry. Ed è li che il 18 dicembre sono tornati a suonare Beat e Selecter, al 2 Tone Christmas, all’interno del complesso dell’Università di Warnick. Precisazione necessaria: a Coventry esiste anche un museo della 2 Tone: un pellegrinaggio pre concerto che andava fatto, con tanto di 2 Tone breakfast, negozio di dischi e una serie di raccolte di cimeli rari legati alle band della scena.

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Finalmente tra un hamburgher e varie pinte di birra, arriva il momento del live. Arrivo un po’ prima, o meglio arrivo in orario, ma loro sono leggermente in ritardo. L’organizzazione comunque impeccabile mi mostra, appositamente aperto, un pub abbastanza schifoso, ma niente male come sala d’aspetto. Li mi rendo conto che l’età media è alta, tanti rude boys e rude girls cresciuti con la 2 Tone negli anni Ottanta, con i loro porkie pies e polo bene in mostra, incuranti delle basse temperature.

Dopo qualche birra arriva il momento di entrare in questa doppia sala all’interno del campus universitario Warnick, chiamata Copper Rooms. Quando entro sta finendo di esibirsi i Jeremiah Ferrari, band emergente del panorama reggae. Pur non avendo ascoltato molto, è facile rendersi conto che l’acustica è formidabile, e già mi lecco i baffi per la schiuma di birra, ma anche per la serata che mi aspetta.

La pressione aumenta. Allietata, ma per niente smorzata, dal dj set ska original durante i cambi palco. E poi finalmente ecco, entrano i Beat, uno alla volta, dallo storico batterista Everett Morton, all’applauditissimo Saxa al sax, fino ovviamente alla voce, il mitico Ranking Roger. Vero e proprio animale da palcoscenico. Insieme a lui il figlio Ranking Junior, con cui ha collaborato per l’ultimo album Bounce. Si vede che c’entra relativamente con il mondo 2 Tone, sembra più il figlio di Snoop Dogg, ma ha la sfrontatezza e lo stile innato necessari per duettare con cotanto padre.

L’inizio è esaltante, con due classiconi: un pezzo politico come Stand Down Margareth e la sempre orecchiabile Hands Off She’s Mine. Il pubblico è da subito preso benissimo. Due precisazioni che differenziano i concerti inglesi da quelli italiani: in Inghilterra quando è sold out, è sold out. Quindi ti puoi godere il concerto con dello spazio vitale attorno. Seconda cosa, ci si diverte, si fa skanking, ma non si poga come se fosse il concerto dei Black Flag. Così tanto per dire.

Nel frattempo che noto queste caratteristiche, continua il live. I due Ranking cantano e saltano con grande energia e con grande e ovvia intesa. Le birre cominciano a mietere le prime vittime. Accanto a me un uomo con lo zaino canta a squarciagola in faccia ad una povera donna tutti, ma proprio tutti i testi, dall’inizio alla fine. Senza pause. Sa anche le canzoni di Bounce. Il nuovo disco è uscito quest’anno quindi va ancora assimilato, e l’accoglienza è fredda rispetto agli altri pezzi storici. Sul palco però i Beat danno tutto. Arriva un’apprezzatissima cover di Rock the Casbah, per ricordare l’anniversario della morte di Joe Strummer. Poi un’altra cover, un pezzo di Smokey Robinson che i Beat hanno portato alla popolarità, Tears Of a Clown. Il pubblico esplode.

Il concerto scivola che è un piacere. L’ora e poco più di danza ininterrotta non si sente affatto. Saxa è in grande forma e si conferma l’anima musicale in una band in cui storicamente il sassofono è fondamentale. Nel frattempo ogni tre o quattro pezzi Ranking Junior si era tolto un indumento. Io non me ne accorgo finchè al bis non sfoggia degli addominali imbarazzanti. Un po’ fuori luogo tra le pance alcooliche presenti, ma non importa perchè i Beat aumentano i giri con altri due classici come Ranking Full Stop e Mirror In the Bathroom. In medley, come spesso fanno durante i live.

In genere dopo un live simile, sei predisposto ad uscire, magari qualche altro salto col dj set ma niente di più. Sei accontentato insomma. E invece ti tendi conto che questo era solo “il gruppo di spalla”. La pressione a questo punto è a mille. Al suo culmine entrano in scena i Selecter. Anche loro in sequenza: batteria, ottoni, chitarre, la saltellante seconda voce Gaps Hendrickson, e poi con passo felpato una dea di nome Pauline Black. Ancora oggi bella, sensuale e mi fermo per non cadere in inutili volgarità.

Il discorso iniziale di Pauline scuote dalla sua beata visione. Mi faccio aiutare nella traduzione, lo ammetto. Il concetto è che la 2 Tone è nata ormai quasi quarant’anni fa, ma per quello che significa e ha significato in Inghilterra e nel mondo, c’è ancora bisogno di questa musica. Dopo queste parole che incendiano il pubblico inizia finalmente il live. Si parte col botto, tra le prime spicca Three Minute Hero, e tutti mettono da parte l’età avanzata e il fatto che comunque si sta ballando già da un’ora e mezza.

Il momento centrale del concerto è dedicato ai brani dell”album dell’anno scorso, Subculture, tra cui spicca un’interessante cover di Because the NIght di Patti Smith. In questa parte del live l’andamento è più lento, i nuovi brani sono più dub del solito e anche in questo caso i nuovi lavori non sembrano essere all’altezza del passato. Non c’è problema, la carica magnetica di Pauline e compagni è tale che mi muovo per inerzia. Gaps sta sudando letteralmente tutto il suo completo metallizzato. Dentro di me prego che si tolga la giacca ma niente da fare. Poi smetto di pensare perchè arriva il culmine, dal primo storico album una tripletta da ko: Missing Words, On My Radio e Too Much Pressure. Finalmente la pressione accumulata esplode.

A questo punto la compostezza dei rude boys britannici che descrivevo sopra esplode. La musica trascinante ha portato al pogo. Perdonabile, siamo a fine concerto e la birra ormai scorre da più di due ore. Uno mi dice che somiglio a Milk di This Is England: a conferma del fatto che qui non stanno a guardare il colore della pelle. Siamo tutti sfiniti ma vogliamo il bis più di ogni altra cosa. Pauline giustamente dice che dobbiamo meritarcelo. Urliamo cori sconnessi e i Selecter tornano sul palco, per darci l’ultima scarica di adrenalina. L’immancabile cover dei Pioneers Everyday, in versione ridotta forse a causa dei tempi stretti, la godibilissima Murder, in cui metto tutte le mie energie restanti. E infine a chiudere My Collie (Not A Dog), che non è altro una cover dello storico pezzo ska My Boy Lollipop. E niente, a questo punto ti viene voglia di abbracciare tutti.

Cos’altro aggiungere, me ne vado con la paura di non dormire per una settimana, per la carica che ho addosso. Non prima di precipitarmi insieme ad altri a fare una foto con Pauline. Non esce granchè, io ho sudato l’anima, lei è visibilmente stanca, ma d’altronde in pochi subito dopo il concerto andrebbero diretti alla loro distro. Non si risparmia di certo. E con un cuore così, e dopo un concerto così penso che Pauline poco prima aveva proprio ragione: la musica ha ancora bisogno della 2 Tone.

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