Quest’estate ho avuto l’opportunità di intervistare il tastierista e manager degli Skatalites, Ken Stewart. Ken Stewart non è un componente originale degli Skatalites, ma fa parte della band da quasi trent’anni. Figura molto carismatica sul palco durante i concerti, è nato e vissuto a New York, ma ha origini italiane. Ho potuto intervistarlo il 5 agosto 2016 al So What Festival di Melpignano, in provincia di Lecce.
Qui il live report del concerto di quella serata.
Ciao Ken! Non sei un componente originale degli Skatalites. Come ti sei unito loro?
Mi sono unito agli Skatalites nel 1988. Avvenne grazie all’incontro con Lloyd Knibb, il batterista, che suonava in una band Reggae a Rhode Island. Ebbi occasione di parlare con lui e mi disse che c’era una posizione aperta all’interno della band come tastierista. I componenti risiedevano a New York. Apprezzavo molto gli Skatalites, l’avevo visti varie volte dal vivo e fui colpito dal sapere che continuavano a fare tour in tutto il mondo senza sosta.
Quando è cominciato il tuo rapporto con la musica?
Ho preso lezioni di piano quando ero molto giovane, dagli 8 ai 13 anni. Cominciai a suonare per la prima volta in chiesa. Poi ho cominciato a fare pratica a scuola. Mio padre suonava jazz tradizionale. Ho suonato in molti gruppi.
Da chi ti senti musicalmente influenzato?
Amo molto il jazz-rock e il fusion. Sono influenzato profondamente da Chick Corea, musicista di Boston. Uno dei gruppi che preferisco invece sono i The Crusaders, conosciuti anche come i The Jazz Crusaders. Quando vidi gli Skatalites per la prima volta, cantarono un pezzo dei The Crusaders. La cosa mi colpì molto perchè il pezzo risaliva allo stesso periodo di esplosione degli Skatalites in Giamaica. Fu quindi molto interessante scoprire che la musica Ska risentiva anche di questo tipo di influenze. Ai tempi i The Crusaders erano la mia band preferita.
Come scopristi gli Skatalites, e che cosa provasti?
Scoprì gli Skatalites direttamente vedendoli dal vivo. Fu folgorante. Associavo lo Ska ai gruppi 2 Tone inglesi come i The English Beat o i The Specials. Non sapevo cosa fosse lo Ska original. Scoprì invece che c’era molto altro. Mi innamorai immediatamente di questa band.
Dal 1988 ad oggi, hai sempre suonato con loro?
In realtà c’è stato un periodo in cui ho preso una pausa dagli Skatalites, sia perchè ho suonato in altre band, sia perchè ho avuto dei figli. Sono poi tornato nel 1998.
C’è un forte legame, storicamente, tra la musica Ska e le sottoculture. Per me si tratta di un legame molto importante. Che ne pensi?
Devo essere onesto: non sono molto informato sulle sottoculture. Per me la questione è prettamente musicale. Pensa che inizialmente, da giovane, avevo un concetto distorto degli Skinheads: ero anche io vittima degli stereotipi propagandati dai media secondo cui gli Skinheads sono razzisti. Col tempo ho scoperto che non era così. Ma ai nostri concerti c’è effettivamente un’ottima rappresentanza di persone che provengono da quelle culture. Penso inoltre che la percezione di questo legame si modifichi da paese a paese. In Italia, probabilmente, il legame è forte. Ma posso garantirti che in altri paesi non è così.
La musica che suoni proviene da quello che è stato un periodo magico per la Giamaica: gli anni ’60. Anche se non ti trovavi lì, sei comunque erede di quella tradizione. Voglio quindi chiederti cosa pensi dell’esplosione musicale di quegli anni.
In quegli anni, in Giamaica, c’era un interessante combinazione di cose che cambiavano. Pensa all’indipendenza. Si iniziò a fare musica nel 1954. Finalmente si ebbe la possibilità di registrare la propria musica. In quel periodo, attraverso le radio, si ascoltarono tanti generi, soprattutto provenienti dagli USA. Il desiderio fu quello di cominciare ad essere protagonisti: “la nostra musica, registrata da noi stessi, per il nostro paese: la Giamaica”.
Com’è cominciato lo Ska, musicalmente?
All’inizio gli artisti Ska, come Rico Rodriguez o i Blues Busters, cominciarono a registrare boogie-woogie blues. Il boogie-woogie blues veniva da Memphis. I giamaicani ripresero questo genere musicale, fondendolo con le differenti influenze caraibiche che conoscevano bene, e con un po’ di funk. Era il momento perfetto. Ma è stato Lloyd Knibb a dare una svolta cambiando il modo di suonare la batteria, modificando il “flavour” del boogie-woogie blues e mixandolo con un modo “africano” di suonare. Egli inventò anche lo shuffling. Io non ero lì, ma penso di poter dire che l’influenza di Lloyd Knibb, e la sua unione con Lloyd Brevett, hanno avuto un’influenza decisiva per la nascita dello Ska.
Da qualche tempo vi capita di venire spesso in Italia. Tu sei nato e vissuto a New York, ma sei di origine italiana. Come vivi questa cosa?
Per me è bellissimo, la mia famiglia è di origine italiana. Il mio bisnonno viene da Cerignola, ed un mio bis-bisnonno veniva da un paese vicino Frosinone.
Qual’è la situazione per il nuovo album?
Si chiamerà Platinum Ska. In realtà abbiamo avuto un po’ di problemi nella registrazione, ma siamo finalmente pronti. L’album sta per uscire!
Leggi la recensione del nuovo album degli Skatalites, Platinum Ska
“Uno dei gruppi che preferisco invece sono i The Crusaders, conosciuti anche come i The Jazz Crusaders”. Che te lo dico a fare, Ken la sa lunga.